E’ che ormai ci siamo dentro fino al collo. Alcune settimane fa, entrando in casa a Spina, ho notato i ragni sul soffitto diversi dal solito. Mi sono avvicinato per controllare: avevano le muffole nelle zampe, e alcuni il paraorecchie di pelouche. E l’ultima volta, quando siamo andati per chiudere baracca, in alcune delle zampe (che evidentemente loro considerano i piedi) avevano infilato i moon boot. Ho lasciato per loro sul tavolo un bicchierino di grappa, così tireranno avanti fino alla prossima estate. Sistemata casa, ho scartabellato nei cassetti alla disperata ricerca di quei boxer da mare in cachemire che utilizzo nella spiaggia autunnale per sopravvivere alle intemperie durante le partite di beach tennis estremo. Purtroppo ho trovato soltanto quelli in lana merinos, ma con quell’imbottitura anteriore in piumino d’oca che mi ha sempre fatto fare un figurone… Sfoggio inutile perché in spiaggia eravamo in tre gatti, intirizziti e avviliti dall’impossibilità di giocarci l’ultima partita della stagione.
Poi ho perso gli occhiali da vista, e ho ne ho ripescato un vecchio paio da un cassetto. Che però non solo non correggono la presbiopia, per cui scrivo al computer con le braccia distese verso la tastiera e con la testa ad un metro dallo schermo, e se ora riuscite a leggere qualcosa di sensato è sicuramente un miracolo, ma sospetto addirittura che siano quegli occhiali a raggi X che avevo comprato per posta tempo fa… Per cui, doveste incontrarmi per strada, mi raccomando copritevi bene.
Poi ho cominciato il vaccino per le mie allergie. Mix di alberi: hanno abbattuto mezzo bosco, hanno spremuto gli alberi, ne hanno concentrato il succo in 5 boccette da 10 ml e hanno trovato il pirla che le acquistasse per una cifra esorbitante impegnandosi a deglutirne il contenuto quattro gocce alla volta fino alla prossima estate, sopportandone l’estenuante prurito che provocano e con la prospettiva di proseguire per almeno tre anni.
Poi stiamo svuotando una casa e riempiendone un’altra, ricordi, cianfrusaglie, fatica e polvere. Una confusione di cose morte, tristi come l’autunno, e alcune scene memorabili in cui il comico e il tragico si confondevano sfumando l’uno nell’altro, tra cui quella della poltrona trasportata giù dalle scale che sembrava il rifacimento della sequenza della carrozzina che precipitava dalla scalinata di Odessa ne “La corazzata Potemkin”. E giornate di lavoro, sistemazione e riordino: un esercizio quasi zen dove il nulla è sostituito dal troppo. E nelle quali cerco di realizzare alcuni dei miei sogni di architetto mancato: dare ordine al caos, o più spesso viceversa, e perdermi nel dettaglio, smarrendo la visione complessiva dello scopo da raggiungere.
Poi ho ripreso la mesta attività beachtennistica indoor: e giocare per 2 ore con i soci del CRAL Montedison indossando gli occhiali a raggi X è un'esperienza estenuante, vi garantisco. Per cui ormai gioco senza guardare, e paradossalmente meno guardo e meglio gioco, forse perché in condizioni estreme l’istinto prevale sempre sulla ragione.
Poi è finita l’ora legale, per la gioia delle talpe.
Poi oggi siamo sette miliardi, di cui almeno sei miliardi e mezzo giocano a beach tennis meglio di me…
L’ombra della foto è la mia, e Halloween non c’entra niente…
Sono proprio io che sono così.
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