Mi ha telefonato Amadori. Quello dei polli.
Da tempo sta lavorando per il miglioramento delle produzioni dei suoi allevamenti, nei quali ha installato sofisticati impianti stereofonici che diffondono musica classica, e un complicato sistema di luci per sperimentare i benefici effetti della cromoterapia sui pennuti.
Così da poter poi apparire in tv a magnificare il proprio lavoro esclamando, con quella sua tipica voce cantilenante romagnola: “Parola di Francesco Amadori!”
Deve aver visto su internet il mio blog, i calendari e tutte le stupidate e i fotomontaggi che ci ho messo dentro con le mie scarse abilità da disegnatore maneggione, e si è detto convinto che potrebbe essere utile sperimentare le arti grafiche per ampliare gli orizzonti culturali delle galline, sempre nell’ottica del perseguimento di quel suo pallino che è quello della qualità totale nel settore dell’allevamento avicolo.
Così da poter poi apparire in tv a magnificare il proprio lavoro esclamando, con quella sua tipica voce cantilenante romagnola: “Parola di Francesco Amadori!”
Deve aver visto su internet il mio blog, i calendari e tutte le stupidate e i fotomontaggi che ci ho messo dentro con le mie scarse abilità da disegnatore maneggione, e si è detto convinto che potrebbe essere utile sperimentare le arti grafiche per ampliare gli orizzonti culturali delle galline, sempre nell’ottica del perseguimento di quel suo pallino che è quello della qualità totale nel settore dell’allevamento avicolo.
Abbiamo allora concordato un progetto e detto fatto mi sono presentato qualche giorno dopo presso la sede della Amadori.
Mi hanno accompagnato dentro ad un enorme edificio pieno di galline, che sulle prime mi hanno guardato di traverso con quel loro occhietto strabuzzato verso l’infinito e l’altro spalancato fisso su di me.
Abbastanza inquietante.
Pian pianino mi sono diretto verso il centro del capannone, ho appoggiato per terra la mia valigetta e l’ho aperta. I pennuti, vincendo la loro naturale diffidenza, si sono a poco a poco avvicinati, zampettando circospetti come in un tango argentino pieno di esitazioni ….
Mi hanno accompagnato dentro ad un enorme edificio pieno di galline, che sulle prime mi hanno guardato di traverso con quel loro occhietto strabuzzato verso l’infinito e l’altro spalancato fisso su di me.
Abbastanza inquietante.
Pian pianino mi sono diretto verso il centro del capannone, ho appoggiato per terra la mia valigetta e l’ho aperta. I pennuti, vincendo la loro naturale diffidenza, si sono a poco a poco avvicinati, zampettando circospetti come in un tango argentino pieno di esitazioni ….
Ho cominciato a tirar fuori dei cartoncini colorati, delle vecchie riviste patinate, qualche paio di forbici, della colla, dei fogli da disegno bianchi…
E loro, sempre più incuriositi, hanno continuato ad avvicinarsi con quella loro tipica andatura altalenante con la quale allungano una zampa ritraendo contemporaneamente il collo e poi viceversa, fino a sfiorare, toccare e becchettare tutte quelle cose per loro nuove e sconosciute…
E loro, sempre più incuriositi, hanno continuato ad avvicinarsi con quella loro tipica andatura altalenante con la quale allungano una zampa ritraendo contemporaneamente il collo e poi viceversa, fino a sfiorare, toccare e becchettare tutte quelle cose per loro nuove e sconosciute…
Insomma, per farla breve: alla fine abbiamo fatto un pollage.
(…)
Gli effetti dell’attività artistica con i pennuti sono stati immediati e stupefacenti. Già la mattina dopo le galline avevano deposto delle uova decorate per la Pasqua.
Una gallina addirittura, informata della mia passione per il beach tennis, ne ha sfornato uno giallo e arancio, che sembrava una pallina.
Ma decisamente, decisamente peggio è andata a quella che ha cercato di farne uno a forma di racchettone.
Comunque sia, buona Pasqua a tutti.
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