martedì 17 maggio 2011

una domenica bestiale

Tok…… tok!
Tokkititok!
Thump thump!
Slam!
Tinkle tinkle!
Sdeng!
Clang!

Butto la mano sul comodino e cerco a tastoni il cellulare per controllare l’ora, mentre realizzo che sono al mare e che è domenica mattina.
Le 7 e 40.
“Gulp!”, dico io, a proseguo: “Ma chi è quel rompicoglioni che fa le pulizie a quest’ora del mattino?”
“Grofszl” risponde l’essere che da svariati anni mi dorme a fianco.

Cerco di riaddormentarmi, mentre ricordo che già verso mezzanotte in un beato dormiveglia sognavo di essere ad Ascot al Grand Prix di galoppo, sogno veicolato dall’arrivo dei condomini dei piani di sopra, probabilmente Fred Astaire, Ginger Rogers e il loro cavallo preferito, Ribot – ferrato tacco dodici per l’occasione -, che hanno ballato languidamente insieme il “Cheeck to cheek” (o qualcosa del genere)  fino all’una di notte.


i vicini di casa ballano, felici di essere al mare, 
nel loro salone sopra la mia camera da letto

Niente da fare, il tormento continua.   
Mi alzo, infilo le ciabatte, esco nel cortiletto e guardo in su, cercando di individuare i responsabili. E dal balcone mi saluta sorridendo la vicina del primo piano, spazzolone alla mano. E come va e come non va, e finalmente la bella stagione ecc. ecc. , finchè non le chiedo un po’ sostenuto se non per caso era lei che stava facendo le pulizie a quell’ora infausta.  Mi guarda sorpresa dicendo che no, giammai!, lei doveva ancora cominciare. 
E nel frattempo spunta dal balcone di sopra il busto della vicina del secondo piano, guanti di gomma, Mocio Vileda nella mano destra e piumino Swiffer nella sinistra. 
Espongo le mie civili rimostranze, saluto e rientro in casa, mentre le due erinni dell’igiene domestica mi osservano perplesse.

E del perché mi guardassero in quella maniera l’ho capito subito dopo, specchiandomi in  bagno: oltre al fatto di essere in ciabatte e dentro un vecchio pigiama sgualcito, ero pettinato come un cacatua.

In quelle condizioni la mia autorevolezza non doveva essere decisamente granchè.
Comunque i rumori sono subito cessati, ma ormai ero sveglio. Mi sono sistemato la capigliatura alla bellemeglio, leccando ripetutamente il complicato shangai tricologico con un pettine bagnato. E ho fatto colazione, scrutando un cielo che non prometteva nulla di buono.

Quando siamo usciti per andare in spiaggia, mentre chiudevo il cancelletto ho buttato lo sguardo verso l’alto e le ho riviste, affacciate ai rispettivi balconi  armate di tutto punto con cartuccere di spugnette e detergenti, pronte a far ululare i loro aspirapolvere.
Le ho fissate dritto  in faccia, e con tutta la solennità di cui sono stato capace ho detto loro: “Ok ragazze: al mio segnale, scatenate l’inferno!”
Mi hanno guardato, di nuovo perplesse…

Per forza, ero pettinato come un’upupa!

la mia tipica acconciatura mattutina... 
c'e' un motivo, e avremo modo di riparlarne a breve!

Partiamo in bici, e dopo cento metri comincia a piovigginare. Torniamo indietro e prendiamo l’auto per andare al bagno, mentre il mio cervello captava messaggi subliminali (inviati non ho capito bene da chi) che ripetevano: “Voglio andare a casa, voglio andare a casa…”. 
Ma al bagno mi aspettavano la sbadilatrice ritrovata, due suoi amici e figlioli vari, tutti ansiosi di prendere a racchettate il maltempo che ci minacciava. C’era veramente un tempo da lupi, e la mia signora fissandomi rivoltava le pupille all’indietro di centottanta gradi mentre nel bianco dei suoi occhi compariva la scritta “Voglio andare a casa…”. 

Ciononostante, in quello che ci era sembrato uno sprazzo di miglioramento, abbiamo deciso di azzardare una partitella, siamo usciti e abbiamo cominciato a toglierci le tute. Beh, almeno i campi erano liberi. 

Mia moglie da dentro il bagno mi lanciava sguardi di fuoco ed io, interpretandone il labiale attraverso le vetrate del bagno, ho appreso la sua particolare posizione nei confronti del delicato tema dell’eutanasia. Infatti continuava a ripetermi, pur muta come un pesce nell’acquario, la seguente frase: “Se ti ammali, ti ammazzo!” Fortunatamente un colpo di vento, uno scroscio d’acqua e due orsi bianchi con le infradito che fuggivano dalla spiaggia ci hanno convinti a rinunciare definitivamente. 

Ci siamo quindi rintanati nell’ospitale hall del Bagno Spina dove, lontani dalla frenesia dei racchettoni e chiacchierando di questo e di quello, ci siamo pian piano scoperti come persone, e anche di un certo spessore, mica degli scemi qualunque!

Per cui, giornata comunque positiva, alla facciaccia del maltempo.

Poi è arrivato il momento di andarcene, mentre arrivavano secchiate d’acqua da tutte le parti, peggio che ad un tappone alpino del Giro d’Italia. Quando ci siamo immessi in superstrada, l’asfalto era una lastra di acqua costellata di pozze che ti bloccavano a volte le ruote di destra, a volte quelle di sinistra: un incubo.
Allora ho pensato di telefonare alla Capitaneria di Porto (con tutta quell’acqua, la competenza non poteva essere che loro), con l’intenzione di chiedere se per caso, già che eran caldi, non potevano venire a sequestrare anche la superstrada, disastrata e pericolosa com’era… 

Voi non ci crederete, ma non mi hanno minimamente cagato.

giovedì 5 maggio 2011

beati i perseguitati

Grazie alle preziose indicazioni strategiche del Presidente e complici anche le artriti delle nostre articolazioni che ci hanno ben presto reso insopportabile la permanenza nell’ambiente umido della torbiera (ormai noi tutti c’abbiamo un’età…), dopo neanche venti minuti ci hanno catturati, legati e appesi mani e piedi a delle pertiche.
E trasportati a spalla nella City, dove siamo subito stati rinchiusi della Torre di Londra, sorvegliati a vista dai Beefeater che il Presidente ha affermato di aver già visto ritratti sull’etichetta di alcune bottiglie di gin.
Neanche il tempo di chiudere il chiavistello che il Presidente ha iniziato a sbraitare le uniche due frasi in inglese che conosceva: “Merry Christmas!” e “Tie break!” (“Spina beach” non glie l’abbiamo data per buona), e ha cominciato a battere i pugni sul portone della cella chiedendo di parlare personalmente con la regina Vittoria o, in alternativa, con re Artù.
Per dargli man forte, il consulente legale, dando fondo alle sue scarse conoscenze di inglese, ha iniziato a strillare “The book is on the table!”, mentre noi tutti cantavamo sguaiatamente “Yellow submarine”.
Insomma, un casino tale che ad un certo punto abbiamo intravisto il fantasma di Anna Bolena che, testa sottobraccio, se ne è uscita dalla cella attraversando il muro, visibilmente seccata.
Poi all’improvviso il Presidente ha avuto l’intuizione.
Memore di quanto confidatogli durante la cerimonia di nozze dalla sorella della sposa, Pippa (quando l’abbiamo vista entrare nell’abbazia abbiamo esclamato tutti all’unisono “Mo pippa!” e lei, credendo che la conoscessimo, ci ha subito benvoluti), ha fatto allusivamente capire ai nostri carcerieri di conoscere la destinazione del viaggio di nozze degli sposi (che con la proverbiale spocchia della casa reale, hanno prenotato due lettini ed un ombrellone al Bagno Las Vegas per la prima settimana di maggio). E costoro, consultato il Foreign Office, per evitare complicazioni ci hanno scarcerati a patto che non rivelassimo nulla di quanto sapevamo.
Scaraventati fuori dalla Torre di Londra, com’è e come non è, nel giro di poche ore siamo stati recapitati in prossimità del nostro nuovo obiettivo: Roma, per la beatificazione di Papa Wojtyla.
Giusto il  tempo di abbigliarci in maniera consona alla cerimonia, che abbiamo cominciato ad avvicinarci a piazza San Pietro. 

il team, mirabilmente abbigliato per la storica cerimonia

Ma all’improvviso è successo l’imprevisto: non appena ci siamo incanalati tra la folla in via della Conciliazione, forse per colpa di una foto di Papa Roncalli pubblicata sul blog e probabilmente mal digerita dalle gerarchie ecclesiastiche, è scattata una task force vaticana: le Guardie Svizzere, alabarde alla mano e spalleggiate da un nugolo di cardinali inferociti, hanno cominciato ad inseguirci costringendoci a risalire come salmoni la corrente dei pellegrini che sciamava verso piazza San Pietro. Per alleggerire la situazione abbiamo cominciato a lanciare alle guardie svizzere alcuni pezzi di emmenthal, di cui sapevamo quanto fossero ghiotti, ma la schiera di cardinali, roteando degli incensieri sopra le loro teste come fossero bolas, ci ha ricacciati ben presto oltre Castel Sant’Angelo.
Per cui, cerimonia mancata: i dannati del beach tennis esclusi dallo storico evento per l’opposizione del Vaticano che però ha avuto il coraggio di tollerare la presenza, dopo tutto quello che ha combinato, di un Berlusconi che si è addirittura addormentato durante il rito!

mica giusto, lui si e noi no!

Ma riflettendo sull’accaduto, seduti attorno ad un tavolo di un’osteria di Trastevere, abbiamo concluso che chi non ci vuole, non ci merita.
Vorrà dire che aspetteremo pazienti la beatificazione dell’altro grande polacco della storia: Zbigniew Boniek.

magari ci sarà un tantino da aspettare, ma noi abbiamo pazienza...