giovedì 30 giugno 2011

un eroe dei nostri tempi - 1

Questo blog sta diventando sempre meno uno spazio dedicato al beach tennis e sempre più un bollettino sui miei malanni fisici.
Ma se le due cose sono così strettamente correlate, cosa diavolo posso mai farci?
Posso comunque garantirvi che la maniera peggiore di iniziare l’estate, la stagione beachtennistica e – ahimè – il primo spiraglio di ferie, è di inchiodarsi con la schiena.
Tutto nasce da una serie di spostamenti di uffici in cui sono stato anch’io coinvolto, dalla baraonda di traslochi che tradizionalmente si svolge negli uffici pubblici a cadenze regolari. Ci si deve muovere, forse anche solo per sentirsi vivi.
Dopo aver impacchettatto tutte le mie cose per benino, ho atteso i facchini per tutta la mattinata e questi sono arrivati giusto dieci minuti prima di andarsene in pausa.
Vabbè, mi sono detto, magari comincio io.
Bellissima idea, inutile eroismo.  
Sono quelle cose che uno fa d’istinto, convinto di fare bene, e di cui ci si pente un attimo dopo.
Ma tant’è, è un periodo che se faccio una cosa la sbaglio, se dico una cosa avrei dovuto dire l’opposto. Decisamente il mio momento magico.
All’ennesimo paccone di cartaccia inutile che ho spostato, ho cominciato ad avvertire un dolorino in fondo alla schiena che pian pianino ha cominciato ad allargarsi, e man mano che il dolore si irradiava io mi piegavo sempre di più in avanti, e di lì a poco mi sono ritrovato piegato in due come la strega di Biancaneve, mi mancava solo la mela avvelenata.
Posizione critica e pericolosa, specie di questi tempi e specie dentro ad un ufficio pubblico.
Dopo aver passato il pomeriggio a spalmarmi creme che si sono rivelate efficaci quanto quella contenuta nei bomboloni, la mattina dopo una nottata d’inferno mi sono infilato come un origami nell’abitacolo della mia auto e ho cominciato un calvario medico che mi ha portato alfine al pronto soccorso, dove sono entrato camminando come Igor in Frankenstein Junior.  E dove mi aspettavano un paio di ortopedici.
“Cos’ha combinato, ha male alla schiena?”
“ No, si figuri, è che mi è caduta una lente a contatto…”
“Spiritoso, eh?”
“Eh…”
“Vediamo”, disse cominciando a tastarmi il più truce dei due, “la fa male QUI? E in QUESTO PUNTO? E magari anche QUI?”, mentre io mi contorcevo come una biscia sui carboni ardenti, augurandomi che Ippocrate lo maledicesse per l’eternità, mentre acquisivo la consapevolezza del limitato senso dell’umorismo dei medici.
Poco dopo il responso: colpo della strega, da fare un mix letale di iniezioni e quindici giorni di riposo. Ad una settimana dall’inizio delle ferie! 
E la richiesta di una risonanza magnetica ad una cosa che ignoravo di possedere: il rachide lombare.
“Sa, lei è alto, e le persone alte son predisposte, potrebbe esserle uscita un’ernia… Ma cos’è, ha male anche lì davanti?”
“No, mi sto semplicemente toccando i maroni.”
“Ah…”
“Eh…”
Sono uscito dall’ambulatorio e camminando a quattro zampe mi sono diretto verso casa, la prigione dorata dove avrei sperimentato cosa prova chi viene messo agli arresti domiciliari.
Erano secoli che non facevo delle punture, dai tempi in cui ero piccolino e una parente vicina di casa arrivava, faceva bollire ago e siringa in un bizzarro pentolino di alluminio e mi siringava dopo avermi strofinato lungamente con l’ovatta imbevuta di alcool denaturato (un toccasana dell’epoca: ricordo ancora la prima volta che mi sono fratturato un braccio giocando a pallone nel cortile davanti a casa, ero steso dolorante sul divano e mio nonno, rientrando in casa e vedendomi in quelle condizioni, mi disse in dialetto: “Dat d’l’alcool!”).
Comunque ho cominciato a farle la sera stessa, non senza un qualche timore maldestramente dissimulato e vergognandomi sotto sotto di mostrare le chiappe ad un’estranea sotto lo sguardo divertito di mia moglie.
Siringone con doppia fiala di Muscoril e Voltaren.
Dovevo farne sette, ne ho fatte otto per amor di simmetria perché particolarità di queste iniezioni è quella di gonfiarti i glutei con un imbarazzante effetto “push up”, tanto che avevo la precisa sensazione di avere un culo come una ballerina brasiliana (non fosse stato per il resto del fisico, avrei fatto un figurone in tanga).
E per di più ho preso il vizio di massaggiarmi in continuazione le chiappe, gonfie ed indolenzite, gesto che visto da fuori mi avrebbe fatto passare per un maniaco sessuale (mi veniva sempre in mente quella battuta credo di Woody Allen: “Meno male che non sono nato donna, passerei tutto il giorno a palparmi le tette!”).
La mattina dopo ero ancora piegato ad angolo retto, come se mi fossi mangiato una squadra. Con il pragmatismo tipico del tecnico, ho prontamente inghiottito un righello, e così mi sono rimesso dritto. Dopo un paio di giorni chiuso in casa, non sapevo più dove sbattere la testa, tormentato anche dalle rimostranze di mia moglie che continuava a ripetermi sei sempre il solito stramanone, e mi hai rovinato le ferie, e adesso col cavolo che andiamo al mare perché poi vuoi giocare a racchettoni e poi ti blocchi di nuovo e se rimani offeso non credere che io stia lì ad assisterti, meglio che ti venga un colpo secco e via.
Insomma uno strazio.
Le immagini seguenti documentano alcuni momenti del durissimo periodo di detenzione domestica cui sono stato costretto.

 il vostro eroe mentre legge le ultime notizie di gossip su un giornaletto di pettegolezzi…

 … mentre consulta una rivista specializzata sulle nuove rivoluzionarie scoperte della scienza e della tecnica…
  
 … mentre studia le tattiche da attuare sui campi da beach tennis…

 … e i modelli di comportamento da adottare nei confronti degli avversari durante il gioco.

 mentre si aggiorna per migliorare il blog che tanto vi appassiona…

 …e pianifica le attività vacanziere alternative, nel caso fosse impossibilitato a giocare a beach tennis…

 … prospettiva che, leggendo un idoneo testo,  tenta di esorcizzare in tutte le maniere.

 il vostro eroe, insofferente al forzato riposo, mentre tenta di organizzare un partitozzo di beach tennis con il primo giocatore disponibile…

 … e mentre spiega tutte le sue perplessità sulla terapia in atto, poco prima che entrassero gli infermieri con quella singolare camicia a maniche lunghe che si legano dietro.

 il vostro eroe mentre cerca sul dizionario il significato della parola rachide, che per la serie “parla come mangi”, pare voglia dire “colonna vertebrale”…

 … non rinunciando poi però ad una profonda meditazione sul significato del noto detto popolare “par i occh an fa mai l’alba”

P.S. - Ne approfitto per fare gli auguri a mia mamma. Neanche sa che scrivo queste cretinate, e se lo sapesse potrebbe soffrirne... Conoscendola, direi di no, quel poco di ironia che possiedo l'ho presa da lei. Oggi compie ** anni (non posso dirlo, mi ucciderebbe), e sono 53 anni che mi sopporta. 
Un'eroina dei nostri tempi.

 - 1. continua -