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giovedì 31 maggio 2012

la terra trema (e noi pure)


Vi scrivo dal Lido di Spina, dove da qualche giorno io e mia moglie veniamo a dormire sperando di stare un po’ più tranquilli, e dove l’unico rischio sismico possibile (mi auguro!) è che possano ribaltarsi i pali di sostegno dei campi da racchettoni, avviluppando il malcapitato giocatore nella rete come un tonno nella tonnara senza però provocargli rilevanti danni fisici, ma solo enormi danni morali.

Se non fosse per la catastrofe che ci ha travolto, per quei poveracci che ci hanno lasciato le penne e per tutti quelli che, perduta ogni sicurezza, sono costretti a starsene disperati e impauriti fuori di casa, vi racconterei di quanto la comunità dei beachtennisti sia preoccupata dal misterioso fenomeno della liquefazione delle sabbie. Tanto che qualche bella testa ha ventilato l’ipotesi di giocare indossando, al posto delle solite scarpette da sabbia, un paio di pinne, cosa che avrebbe ulteriormente aggravato sia il già precario equilibrio che la compromessa mobilità di svariati giocatori che conosco.

E vi racconterei anche di quanto la comunità dei beachtennisti sia rimasta interdetta dalle dichiarazioni dei geologi che tutto d’un tratto hanno rovesciato la radicata convinzione che qui da noi in pianura i terremoti non avrebbero mai potuto fare i danni che fanno dalle altre parti, perché noi siamo appoggiati su un letto di sabbia che attutisce le onde sismiche. Improvvisamente ci rivelano che – anzi -, la sabbia le amplifica, le onde sismiche… Allora, se il fondo roccioso trasmette le onde sismiche e quello sabbioso le amplifica, dov’è che possiamo stare tranquilli? Dopo lunghe riflessioni, credo di avere la risposta: sulla lettiera dei gatti. Ecco, se abitate in una casa appoggiata su un sottosuolo simile alla lettiera dei gatti, non correte nessun pericolo: le onde sismiche arrivano, fanno la palla e via, il pericolo è scongiurato.
Ragion per cui il prossimo torneo di beach tennis al Bagno Spina, verosimilmente, si terrà sul ghiaino: il primo torneo Sanicat. Preparatevi.

Poi vi racconterei del dolore e della preoccupazione di noi beachtennisti per i crolli dei capannoni industriali, e di quanto sia stato crudele e ingiusto il terremoto a colpire le fabbriche e chi ci lavorava dentro. Se in queste terribili manifestazioni della natura ci fosse una minima forma di giustizia, il terremoto – nottetempo e senza far male a nessuno - avrebbe raso al suolo l’unica cosa meritevole di distruzione: gli spogliatoi dello Stop and Go. E qui mi fermo perché non vorrei fare la figura di quel ciordo che tempo fa, durante un’eruzione, strillava “Forza Etna!”, e anzichè essere spalmato di pece e ricoperto di piume dalla popolazione inferocita poi, proprio da quelle parti, in Sicilia, è stato eletto sindaco. Questa è l’Italia: ciordi ovunque, e a tutto tondo.

Poi vi racconterei della mia personale vicenda lavorativa che mi ha portato a dovermi prender cura, da qualche tempo a questa parte, di un importante monumento cittadino. Bene, da allora è capitato di tutto: orribili lacerazioni al sistema fognario, rotture ai circuiti dell’impianto di riscaldamento, esodi e controesodi biblici di uffici, e adesso il terremoto che ha fatto, tra l’altro, crollare alcune strutture che resistevano da svariate centinaia di anni. Decisamente non devo sorprendermi se alcuni colleghi di lavoro mentre passo si ravanano in posti che non sto a dire perché sono una persona educata… Dovrò farmi benedire, o esorcizzare, ora vedo di capire cosa sia meglio. E ciononostante questo incarico mi è stato confermato almeno fino al 31 dicembre prossimo. Niente male, dieci giorni dopo la fine del modo annunciata dai Maya: una bella dimostrazione di fiducia!

E vi racconterei anche di quanto sia rasserenante la normalità, preziosa l’abitudine, e importante la noia.

Ma siccome non è il tempo di raccontare stronzate, e forse ne ho accennate già troppe, mi fermo qua.

E state sereni più che potete, mi raccomando.

martedì 21 febbraio 2012

palindromi

21.02.2012
Ennesima data palindroma.

Meno zoppa della precedente (l’11.11.11) e della prossima (il 12.12.12), quella di oggi è veramente una data palindroma, ed è stata come al solito caricata di grandi aspettative e di altrettanto poderose scemenze. Quasi che il presentarsi di una qualsiasi curiosa combinazione numerica del calendario riesca ad evocare nell’immaginario collettivo eventi che vanno dalla fine del mondo alla speranza di una rinascita, di un cambiamento radicale, dell’inizio di una nuova era.

Io, per verificare, oggi pomeriggio di nascosto da mia moglie che era fuori di casa, ho preso furtivamente pallina e racchettone nuovo e ho tirato alcuni colpi contro il muro del soggiorno. Direi che non è cambiato niente, a parte l’aver sporcato la parete: gioco male uguale a prima. Ma verificherò meglio domani sera, nel consueto mercoledì beachtennistico del CRAL.

Poi però, preso dal giochino dei palindromi tipo “ossesso”, “ovattavo” o “illesi piselli”, e incuriosito dal fatto che proprio oggi il nostro ex Premier avesse presentato il nuovo inno del suo partito, con i potenti mezzi informatici di cui dispongo ho scaricato il brano dalla rete e, memore di certi pezzi rock che ascoltati al contrario sembra nascondano chissà quali oscuri messaggi subliminali, ho ripetuto l'esperimento… Vuoi vedere che non sia palindromo anche quello! 
Non vi dico la mia sorpresa quando mi sono accorto che il nuovo inno del PDL - scritto dal suo Presidente e ascoltato all’incontrario, altro non si è rivelato che una sua completa confessione sulla corruzione dell’avvocato Mills, nonchè sul fatto che sapesse perfettamente che Ruby non era la nipote di Mubarak, bensì una non ho capito bene come l'avesse definita perché l’audio era un tantino rovinato.

Sull’onda dell’entusiasmo allora ho recuperato subito dopo un video girato l'estate scorsa sulla spiaggia di Spina, nel quale alcuni membri del Team (il Presidente, l’Amministratore Delegato, il Tesoriere e il Consulente Legale) giocavano a racchettoni: bene, il filmato visto all’incontrario era identico alla danza che i pellerossa Cherokee del Missouri eseguivano per invocare la pioggia.
Ho subito interrotto  la riproduzione del filmato, per non provocare mutamenti climatici irreversibili.
Ma la cosa più inquietante era che quei quattro, visti al contrario, giocavano pure meglio del normale!

mercoledì 6 aprile 2011

estate in anticipo

Nessuno ci sperava, e nessuno se l’aspettava.
Ma l’estate è arrivata e ci ha colti di sorpresa, per cui venerdì sera - mentre io cercavo per casa la roba da spiaggia - mia moglie si è chiusa in bagno, e dai ronzii che sentivo ho capito che stava depilandosi. Ed è uscita dopo tre ore. 
Beh, è singolare dirlo, ma proprio non sospettavo di convivere da anni con un licantropo! 

 il particolarissimo epilatore utilizzato da mia moglie 

La mattina dopo, riesumati dal fondo dei cassetti io un vecchio paio di boxer da mare in lana cotta e mia moglie un bikini in pile (in questa stagione il clima è traditore, e la depilazione certo non aiuta), e raccattato un flacone di crema solare con la data di scadenza sbiadita dal tempo, siamo partiti per Spina.

Un rapido passaggio per la nostra casetta, oggetto di un recente intervento di sistemazione degli intonaci interni che l’ha ridotta come la Casa dei Gladiatori di Pompei - per cui l’ho aperta e subito richiusa come fanno i chirurghi con certi malati terminali -, il tempo di recuperare dall'armadio due teli da mare i cui lembi esposti a nord erano tappezzati da muschi e licheni, e ci siamo fiondati in spiaggia. 
Unico posto tra l’altro dove vengo risparmiato dai pollini che stanno cominciando ad infestare l’aria.

Sabato mattina siamo arrivati tra i primi, la spiaggia era spianata, e subito - paralizzando il lavoro delle maestranze con cui il gestore del bagno contava di aprire l’attività - ci siamo dedicati alle complesse operazioni di tracciamento ed installazione di quello che ritenevamo fosse il minimo necessario per giustificare la nostra presenza in spiaggia, vale a dire di almeno un paio di campi da beach tennis fatti per benino. Abbiamo allora recuperato reti, righe e attrezzi vari e ci siamo messi al lavoro di buona lena.

 Sulle prime abbiamo armato di cordella metrica l’amministratore delegato del Team, che in gioventù era stato un valente strumentista. Alla terza misura sbagliata (chiamava gli otto metri ogniqualvolta vedeva il numero 8 comparire sulla bandella di plastica), e dopo averci fatto disegnare sul terreno una complessa poligonale che ricordava la tormentata planimetria del Guggenheim Museum di Bilbao, ci siamo resi conto che non aveva alcuna dimestichezza con il sistema metrico decimale (che forse, all’epoca in cui lui lavorava, non era ancora stato codificato).
Per cui l’abbiamo riassegnato ad una diversa ma altrettanto prestigiosa mansione: addetto a conficcare dei picchetti che fissano le righe negli angoli del campo da gioco.
Ma anche in questo caso qualcosa è andato storto: avendo piantato i picchetti alla stessa profondità alla quale si piantano le begonie, questi saltavano via ogniqualvolta veniva sfiorata la riga. Per cui è intervenuto il ragazzo del bagno che, armato di badile, ha piantato i picchetti a una profondità tale che sembra che la punta di uno sia sbucata in Nuova Zelanda - precisamente nella baia di Auckland -, mentre l’amministratore delegato veniva investito di un nuovo, fondamentale compito: vice reggitore del badile (vice, perché si è ritenuto più pratico appoggiare il badile ai pali di sostegno delle reti, o addirittura per terra).

 veduta della città di Auckland. Sulla destra la punta 
del picchetto che gli astuti neozelandesi 
hanno subito trasformato in torre panoramica
  
In seguito, accertata anche la sua incapacità di reggere il badile (lo teneva per la pala anziché per il manico), lo abbiamo impiegato come unità di misura per determinare l’altezza delle reti, raccomandandogli di non saltellare. Una fatica terribile…

 l'Amministratore delegato del Team, ritratto nell'attività 
che gli riesce meglio: reggere se stesso appoggiandosi 
ad un palo ai margini di un campo da beach tennis
  
Dopo un lasso di tempo che ci è sembrato interminabile, i due campi erano pronti. E non abbiamo fatto in tempo ad occupare il primo che sull’altro si erano già spudoratamente precipitati quattro avventori dell’odiato Bagno Granchio, che avevano sorvegliato ghignando le nostre peripezie già con l’intenzione di approfittare come biechi parassiti delle nostre fatiche, mentre i gestori del loro bagno – invece di preparare la spiaggia -, stavano là a scriccare le teglie per l’inutile pizza della Franca.
Li abbiamo guardati malissimo per tutto il tempo in cui hanno giocato, e quando se ne sono andati la prima cosa che ci è venuta spontanea è stata quella di marcare il territorio, pisciando lungo il confine tra i due bagni. Cominciamo bene.

Anche perché, facendo i conti, i due campi erano proprio il minimo necessario rispetto alle presenze previste…
Perchè si è purtroppo verificata l’inspiegabile defezione della più autorevole candidata all’assegnazione del “Badile d’Oro 2010”, che pur avendo più volte preannunciato telefonicamente il suo arrivo – tanto che avevamo avuto l’impressione che fosse già lì, dietro l’angolo, ad infilarsi le ciabatte – misteriosamente non è mai arrivata. Costringendoci tra l’altro a giocare estenuanti partite ONLUS, pessimo viatico per l’inizio della stagione agonistica…

 assistita ONLUS mentre esegue il suo colpo favorito: 
il rovescio a mazzancolla rancinata

Dev’esserle successo sicuramente qualcosa di grave.

E queste sono le ipotesi che – aspettando Godot -, sono state formulate.

1) Stava percorrendo la superstrada ed era ormai in prossimità dell’uscita sulla Romea quando, premendo un misterioso pulsante sul cruscotto della sua automobile nuova, ha subito un’impressionante accelerazione e tra lampi e fiamme si è ritrovata al Lido di Spina, ma nell’anno 1971 (come nel film “Ritorno al futuro”).

2) Dopo aver inconsapevolmente assunto cibi contaminati dalla radioattività proveniente dal Giappone, ha cominciato a dematerializzarsi nel tragitto tra Ferrara e Spina. Al suo arrivo al bagno era ormai completamente sparita: lei c’era, ma noi non potevamo vederla… (e adesso gira bendata e con gli occhiali scuri come il protagonista del film “L’uomo invisibile”).


3) Mentre partiva per il mare, la sua automobile è stata risucchiata in un vortice spazio-temporale creatosi in prossimità di una rotatoria di via Ravenna. Ancora adesso continua a girare in tondo a bordo della sua nuova fiammante auto rossa, costituendo un’attrazione che ormai tutti i bambini del quartiere preferiscono alle giostre installate sul Montagnone per la festa di S. Giorgio, e per fare un giro sulla quale tormentano i genitori piangendo e strillando come aquile.

4) Rapita dagli alieni, che l’hanno teletrasportata sul disco volante con il solito raggio verde, incuriositi più che altro dal rudimentale ed inefficiente mezzo meccanico sul quale viaggiava, denominato Alfa Romeo Mito.

5) Aggredita e sequestrata in casa da un criceto mannaro, che per rilasciarla ha chiesto come riscatto una tonnellata di semi di girasole. E un tapis roulant al posto della ruota agganciata alle sbarre della gabbietta.

a tarda notte, devastati dalla snervante attesa...

lunedì 1 novembre 2010

(p)halloween

La notte di Halloween è appena passata. 
Il fatto che sia una festa di origine celtica già non mi dispone tanto benevolmente nei suoi confronti, però che ci sia della gente che per tutta la notte se ne va in giro travestita da mostro è una cosa che mi ha sempre fatto sorridere.
Poi mi fanno una grande tenerezza i bambini che suonano al campanello e urlano minacciosi al citofono: "Dolcetto o scherzetto?"


Mi piace pensare che possano essere quegli stessi piccoli mostri - che si manifestano finalmente nella loro reale forma demoniaca - che ci hanno perseguitato per tutti i maledetti fine settimana di quest'estate con il loro stramaledetti tornei di beach tennis under 12/14/16, per cui mi affaccio volentieri alla finestra e gli lancio giù (anche con una certa veemenza, devo dire) torroncini, caramelle e dolciumi vari. Naturalmente scaduti da almeno due anni. Così, tanto per far coincidere il dolcetto con lo scherzetto... Mi piace immaginare i pargoli che, al loro ritorno a casa dopo essersi impigozzati di schifezze, passano il resto della notte sdraiati sul pavimento del bagno abbracciati al water, invocando i druidi affinchè intervengano per lenire con le loro pozioni magiche i cataclismi intestinali e i paurosi meteorismi che li stanno sconquassando.

Quest'anno però, oltre ai tradizionali costumi da streghe, fantasmi, vampiri e licantropi, gli aficionados di questa festività hanno adottato un nuovo e pauroso travestimento, che allude ad una recentissima e singolare figura mostruosa scaturita dalle orrorifiche narrazioni estive raccolte tra gli ombrelloni del litorale di Spina.
E' un particolarissimo morto vivente, dallo sguardo vacuo e spento di chi ha visto nefandezze inenarrabili,  un essere privato della propria volontà che cammina seminudo nei suoi boxer di ordinanza, racchettone in mano, braccia e testa a penzoloni trascinando i piedi come fossero semisprofondati nella sabbia...
E' lo zombi del beach tennis: il non-morto reduce da una partita ONLUS!


in primo piano, un volontario della ONLUS 
"Fate giocare chi è meno fortunato di voi". Noterete che, ormai incapace di reagire, si sta lentamente trasformando in zombi... 


martedì 28 settembre 2010

tristi case di fine stagione

 Giorni frenetici.

Case di Montecarlo di cui non si conosce il proprietario, non si conosce l’affittuario, niente, nessuno…  Viene da pensare che, in confronto,  al Lido di Spina ci siano delle agenzie immobiliari decisamente più serie.

E poi cognati, ministri caraibici, servizi paralleli, bufale, dossier.
E Marcegaglia che attacca: “Ora il governo agisca!”
E la replica di Bossi: "È facile parlare!"
E Marcegaglia che rilancia: “Proprio tu, che ti esprimi solo a gesti”.
E il figlio di Bossi: “Facile parlare?!? Mica tanto, io per esempio…” (detto naturalmente tramite il suo portavoce).
  
Ecchediavolo!!!

 il linguaggio dei segni, utilizzato anche nel beach tennis

Ma su questa palude di letame, si erge chiara e cristallina la voce del nostro Premier, volta a fermare il gioco al massacro:  
"In questi giorni l’immagine che da di sé la politica è un vero disastro, è molto peggio del teatrino di sempre, del teatrino delle chiacchiere, degli insulti, delle falsità.  Fuori da questo teatrino, il nostro governo invece, il 'governo del fare', ha continuato a lavorare in silenzio su cose concrete, nell'interesse di tutti gli italiani".

 fatti, non pugnette!

Ma va!

Certo che uno così al di sopra delle parti, queste cose può ben permettersi di dirle.

Anche se più che il governo del fare sembra il governo di tutte quelle altre penitenze che si facevano nei giochi da bambini: del dire (generalmente baggianate, ma anche insinuazioni, denigrazioni, bordate di affermazioni pronte per essere fraintese e raffiche di stronzate pronte per essere smentite), del baciare (escort e compiacenti massaggiatrici dei vari beauty center nel migliore dei casi, amici degli amici e uomini d'onore nel peggiore), della lettera (attività di dossieraggio e furibonde campagne di stampa orchestrate contro gli antagonisti politici) e – inevitabilmente tra un po’, e purtroppo trascinando tutto il Paese – del testamento.


Ma ritornando alla faccenda di Montecarlo, io proprio non mi capacito. Ma secondo voi, al di là delle carte, dei notai, dei rogiti, e dato che le case di vacanza alla fine sono tutte molto simili, è così complicato stabilire se uno ne è o no il proprietario? O se lo è, magari a sua insaputa?

Per me è semplice: basta osservare i comportamenti.

Quella indubbiamente è la tua casa se:

- quando arrivi nel weekend cominci a riposarti ramazzando via montagne di aghi di pino;
- ad inizio stagione ti affanni a spazzolare via dal cortile, dalle persiane, dalle finestre, dalle inferriate ecc. quel maledetto polline giallo che ti irrita gli occhi e ti gonfia il naso come quello di un clown;
- ti preoccupi di pagare l'ICI, sputando veleno contro il Comune perchè poi quei soldi li sperpera da altre parti;
- al momento delle pulizie generali di inizio stagione, a malincuore sei costretto ad aspirapolverare quei ragni che si annidano negli angoli del soffitto, per fargli capire che il padrone sei tu, e non loro;
- ti rassegni a partecipare alle assemblee di condominio che si tengono di regola il giorno prima o il giorno dopo ferragosto, e sorbirti la canonica filippica su quanto alte siano le spese di tenuta del conto corrente;
- prima di lasciarla ti premuri di chiudere acqua, gas, spegnere lo scaldabagno e staccare il cavo dell’antenna  tv, salvo poi - tornato in città - macerarti nel dubbio di non aver chiuso a chiave la porta di ingresso;
- quando schiacci una zanzara sul muro schizzi subito in bagno, afferri una spugnetta e ti precipiti freneticamente a strofinare la macchia di sangue nel patetico tentativo di cancellarla;
- appena intuisci l'ombra di una macchietta di umidità sull'intonaco, ti precipiti al primo Bricocenter e spendi centinaia di euro in prodotti che si riveleranno puntualmente inefficaci;
- ti adombri constatando che dopo esserti disarticolato la spalla per potare la siepe a perfetto livello, il giorno dopo i tuoi due vicini di lato tagliano la loro uno mezzo metro più alta, l’altro mezzo metro più bassa;
- ogniqualvolta ti trovi a passare nel raggio di trenta chilometri dalla casa, ti allunghi a spalancare porte e finestre per far respirare i muri;
- passi ore ad osservare le abitudini delle formiche che ti divorano gli scuri in legno, per poterne programmare al meglio il piano di sterminio.

Ma forse mi illudo, Fini è un politico e i politici queste cose non le fanno, trovano sempre qualcun’altro che le fa per loro: genitori, amici, domestici, sodali compiacenti.

 Loro se la godono e basta; perbacco, hanno ben altro a cui pensare!

... 

Dimenticavo.

La casa è indubbiamente tua anche se, come abbiamo fatto noi domenica scorsa – doloroso epilogo di fine stagione – parti dalla città con la penosa prospettiva di passare la giornata a sbaraccare tutto, vuotare la dispensa, sbrinare il frigo, disfare il letto, vuotare l'armadio, fare enormi fagottoni di biancheria, asciugamani, accappatoi, lenzuola, tende, strofinacci ecc. ecc. ecc.

Salvo poi farti sorprendere da una stupenda, calda e soleggiata domenica di fine estate, per cui costume e maglietta e via, in spiaggia per le ultime racchettate con gli amici (e gli ultimi furibondi scontri per aggiudicarsi il "Badile d'Oro 2010"). 

Perchè, se la casa è importante, ancora più importante è tutto quello che ci ruota attorno.
E al diavolo tutto il resto.

venerdì 24 settembre 2010

il racconto dell’infortunato - versione 3


Sono stato rapito dagli alieni.

A notte tarda, mentre stavo cercando di aprire il lucchetto della bicicletta, all’improvviso ho visto un raggio verde infiltrarsi sotto la calotta dei pini ed espandersi nella mia direzione. In un battibaleno sono stato risucchiato verso l’alto, ho perso i sensi e al mio risveglio ero nudo, immobile, disteso su un piano metallico e diretto, avrei saputo dopo, verso un pianeta di un sistema solare sperduto tra Cassiopea e Andromeda.

Gli alieni mi hanno trattato bene. Hanno voluto sapere tutto di me e della vita sulla Terra, e quando ho cominciato a parlar loro del beach tennis si sono subito entusiasmati. Ho dovuto insegnargli in fretta e furia i primi rudimenti del gioco. Purtroppo però il loro pianeta non presentava le caratteristiche ottimali per la pratica del beach tennis: a parte le spiagge di sabbia viola e il mare di metano liquido, la particolare forza gravitazionale presente faceva pesare una pallina mid l’equivalente di circa 14 tonnellate, rendendo quantomeno problematici gli scambi.

Mi hanno allora prontamente trasportato su un altro pianeta, e lì le condizioni erano perfette: profonde spiagge di sabbia infuocata, mare puzzolente, prezzi spropositati. Proprio come a Spina. Anzi, ancora meglio perchè,  a causa di una curiosa deviazione spazio-temporale dovuta probabilmente all’inversione magnetica dei poli, riuscivo clamorosamente ad anticipare la pallina negli smash, maneggiando la racchetta come Jimi Hendrix riusciva a maneggiare la sua fida Stratocaster.

Hanno subito preteso che cominciassi ad organizzare dei tornei, cosa in cui mi sono buttato a capofitto nonostante qualche problema nella realizzazione delle magliette, che sono risultate un delirio di colli e maniche per via del fatto  che i miei rapitori erano polipoidi dotati di otto tentacoli. Cosa che però li rendeva abilissimi nel gioco: dovevate vedere come giocavano di dritto passandosi rapidamente la racchetta da un tentacolo all’altro!

gli alieni in azione.  Dato che utilizzano  i tentacoli sia come braccia
che come gambe, è stato ideato un innovativo capo multiuso:
 la pantamaglietta (pantaloncino se la infili da sotto, maglietta se la infili da sopra)

Dopo un periodo di tempo lunghissimo (presumo svariati anni, e senza che apparentemente invecchiassi di un giorno) e innumerevoli stagioni di tornei di beach tennis organizzati per tutta la galassia, i miei amici alieni mi hanno visto un po’ triste, e mi hanno chiesto se per caso non provassi un po’ di nostalgia. Gli risposi che si, effettivamente avevo voglia di rivedere casa...
“Ma ti manca tua moglie?”
“No, non è che mi manchi mia moglie, è che mi piacerebbe proprio rivedere la Terra…”
“Beh, se lei non ti manca allora puoi restare qui….” insistettero loro.
“Ok ragazzi, allora si, va bene, sento veramente tanto la mancanza di mia moglie, e del lavoro, e dei tornei under 12,14 e16!” – mentii, con una spudoratezza di cui ancora oggi mi sorprendo.

Insomma, mi caricarono sulla loro astronave e in un batter d’occhio eravamo sulla verticale di Spina.
Dopo tanto tempo ero di nuovo a casa. I miei amici polipoidi erano commossi, e non appena siamo atterrati si sono affacciati agli oblò, sventolando i fazzoletti con i loro tentacoli.
Ed è stato in quel momento che, scendendo la scaletta , mi sono girato di scatto per un ultimo saluto, sono incespicato nel gradino, ho mancato la ringhiera e ho sbattuto l’occhio sinistro contro il portellone del disco volante.

...

Sulla Terra erano passati appena tre millisecondi e nessuno si era accorto di niente, tranne del fatto che ero stramazzato al suolo e sanguinavo dall’occhio come un vitello scannato.

Comunque gli alieni non ci hanno abbandonato, sono ancora qui tra noi. Ci osservano. Uno di loro è Paul, il polpo che imbroccava i risultati delle partite di calcio degli ultimi Mondiali in Sudafrica.


Un altro l’ho individuato io, la scorsa settimana al ristorante “Il Martin Pescatore”: sdraiato su un piatto di antipasti di mare freddi, nascosto tra uno scampo e una mazzancolla, mi ha salutato strizzando l’occhiolino.

...


Tra un po' pubblicheremo il resoconto del Torneo dell'Amicizia 2010 del Bagno Spina: il "D-day", il giorno dei dannati.
Ed è stato proprio in quel funesto giorno che si è verificato il vero infortunio dell'estate...
  

martedì 14 settembre 2010

il racconto dell’infortunato - versione 1

Erano in quattro.
Brutti come il peccato e cattivi come il veleno. Verso le tre di notte stavano importunando una splendida ragazza in una zona buia dei viali esterni di Spina (vi chiederete: e tu cosa ci facevi alle due di notte in una zona buia dei viali esterni di Spina? E io vi risponderò: intanto erano le tre, e poi voi, farvi un po’ i cavoli vostri no, eh?) L’avevano circondata sghignazzando, forse erano ubriachi, e lei era terrorizzata. 


Mi sono avvicinato cercando di calmarli: “Ok ragazzi, adesso piantatela e andate a dormire!” Hanno cercato confusamente di mettermi a fuoco, con i loro occhietti ravvicinati sotto la fronte bassa, offuscati dai fumi dell’alcool. E non appena sono riusciti ad inquadrarmi, mi si sono avventati contro con veemente rabbia animale.
Sulle prime mi sono limitato solo a schivarli, poi mettendo in pratica le raffinate tecniche di lotta apprese studiando a fondo i film di Bud Spencer, con una sequenza di abili mosse ho fatto in modo che si mettessero fuori combattimento l'uno con l'altro.
Alla fine sono scappati verso casa (Porto Garibaldi o Vaccolino, forse), piagnucolando e inveendomi contro minacce irripetibili.
La ragazza, che si era accucciata sul marciapiede, mi si è subito avvinghiata addosso come un polipo, abbracciandomi, baciandomi e ripetendo tra i singhiozzi: “Grazie… grazie…”
Poi, all’improvviso, mi ha squadrato esclamando: “Ehi, ma, ma tu sei quello bravissimo a giocare a racchettoni!”
La ragazza era chiaramente sconvolta.
“Ti ho visto tante volte giocare al Prey.... Eri il mio preferito, ti guardavano tutte…”
Mai stato in quel bagno; chissà per chi mi aveva mai scambiato, il calo di tensione spesso gioca brutti scherzi.
Continuava a piangere, poi a ridere, e quando ho intravisto nei suoi occhi lo sguardo perduto della donna innamorata, ho cercato di staccarmi.
Sapete, è sempre stato un po’ il problema di noi sex symbol: le ragazze si appiccicano e poi non ti mollano più.
Le ho detto: “Ok bambina, tutto è finito, torna a casa e cerca di dimenticare…” Ma lei insisteva: “No, no... non puoi dirmi questo… Oh, ti prego, non mi lasciare!”
E mentre le sussurravo: “Su, dai… sei giovane, carina, e hai una vita stupenda davanti. Addio… e dimenticami!”, mi sono sciolto dal suo abbraccio, mi sono girato di scatto e mi sono spataccato l’occhio sinistro contro un palo della luce di viale Raffaello.

... 

Una piccola rettifica al post precedente.
Non siamo stati solo in tre a riuscire a cadere dalla bicicletta da fermi. Pare ce ne sia un quarto: eccolo.



giovedì 9 settembre 2010

infortuni di mezza estate

Un ferragosto costellato di infortuni.
Il primo è capitato a me. Uscito da una cena a casa di amici del Team, sono rocambolescamente riuscito a cadere in bici da fermo. Sembra facile, ma provateci.
Solo in tre, al mondo, siamo riusciti a farlo: io, Pippo e l’ispettore Clouseau.

 
gli altri due geni capaci di cotanta impresa;
loro però sono personaggi di pura fantasia...

In sostanza ero a cavallo della bici, di fianco al marciapiede, quando si è staccato dalla staffa il fanalino posteriore comprato dai cinesi, mia moglie lo ha raccolto da terra e me lo ha allungato, io mi sono divincolato per infilarlo nella borsa sotto il sellino, la ruota davanti della bici si è girata di 90 gradi ed io, con la mano occupata dal maledetto fanale e contorto come una biscia, ho clamorosamente mancato l’appoggio del piede sul cordolo e sono crollato schiantandomi sul selciato come una pera. 
Di testa.
E non sono ancora neanche tanto anziano. Pensate a cosa potrà succedere tra qualche anno...
Alla fine poi, niente di grave, solo un graffio sotto il sopracciglio, anche se sanguinavo come uno appena uscito da una vergine di Norimberga.
Beh, sinceramente proprio sobrio non ero, qualcosina avevo bevuto, ma non è questo il fatto, visto che poi in sella alla bicicletta sono riuscito a tornare a casa.
Anche agevolato dal fatto che a Spina – notoriamente progettata da un’urbanista ubriaco - non esiste un rettilineo, e che basta imbroccare per il verso giusto la prima curva che  poi le altre vengono da sé.
Se però la prima curva la sbagli, allora è un’ecatombe: il tuo percorso si trasforma in un videogame truculento dove ogni dieci secondi c’è uno schianto, in seguito al quale ti appare davanti agli occhi la scritta “Game over!

ritratto dell'architetto che ha disegnato 
il piano urbanistico del Lido di Spina

Quando sono arrivato a casa, le luci dello specchio del bagno mi hanno rivelato la cruda realtà.
Avevo un’ammaccatura sullo zigomo sinistro, sangue che sgorgava copioso dal sopracciglio ed un inquietante versamento sulla palpebra, che assomigliava ad una velatura di ombretto, inizialmente rosa, poi fucsia, violetto ed infine verdino. 
Molto pulp.
Se la metà destra del viso era la mia solita (e quindi di una bellezza imbarazzante), quella di sinistra era un curioso mix tra il volto di un pugile suonato e quello di una drag queen mal truccata.

...

Il giorno dopo, fin dal primo mattino mentre salivo in auto per tornare a Ferrara a recuperare un paio di occhiali di ricambio - visto che gli altri si erano allegramente fracassati - e per diversi giorni ancora, è stato un continuo giustificare l’accaduto a tutti quelli che incontrandomi esclamavano: “ARRRGHH! Ma cosa hai fatto?!?”, guardando prima me con l’espressione di chi si imbatte in Elephant man o in Quasimodo di Notre Dame de Paris, e poi mia moglie con una dolorosa espressione di solidale commiserazione.
All’ennesimo  resoconto sul triste accadimento mi sono rotto un po' le balle, e allora piano piano ho cominciato a infiorare la storia, a renderla più interessante, ambientandola in contesti più esotici…

Un po' di pazienza e vi farò sapere.

martedì 31 agosto 2010

agosto, blog mio non ti conosco...


Dopo tanto tempo, non solo fatico a ricordare come si accende il computer, ma le mie dita incespicano sulla tastiera in modo talmente maldestro che riesco a snocciolare sul monitor solamente parole incomprensibili ricche di k, x e w buttate lì alla rinfusa. Però adesso, a ferie finite, si riprende: ordine e rigore, oltre ad un surplus di lavoro per il correttore ortografico.

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La sera del primo giorno di ferie, dopo aver traslocato il contenuto di mezza casa di Ferrara in quella Spina, io e la mia signora decidiamo di andare a farci divorare dalle zanzare in una pizzeria all’aperto e lì incontriamo un'allegra combriccola, di cui fa parte anche uno dei transfughi desaparecidos del bagno Granchio che, vedendomi, mi chiede: “Allora, quand’è che aggiorniamo il blog?” Tergiverso, spiegando che sono in ferie, che il portatile è stato requisito da mia moglie e che le vacanze mi forniranno di sicuro gli stimoli e le idee necessarie per pubblicare nuove cose.

Il giorno dopo, mattinata appena decente e pomeriggio di pioggia. Per cui: pulizie generali.

Avevo appena finito di spiegare ad un gruppo di ragni, impugnando l’aspirapolvere turbociclonico acceso a manetta, il concetto filosofico del “trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato”, che un’automobile si ferma davanti al cancello di casa. Era una delle “tre migliori giocatrici degli ultimi 150 anni”. Dopo i saluti di rito, mi butta lì: “Ho dato un’occhiata, al blog … battiamo la fiacca, eh!”
Effettivamente battevo un po’ la fiacca, e con l’idea di continuare a batterla per ancora un po’ di tempo. In fin dei conti ero in ferie, e comunque aspettavo quasi che, rispetto alle mie pubblicazioni sul blog, almeno per una volta la domanda superasse l’offerta.

Ma adesso, dopo esserci ritemprati, siamo pronti a raccontare i rutilanti eventi di questo agosto: le donne, i cavalier, l’arme e gli amori, le singolar tenzoni, sangue e arena, birra e salsicce, drammatici infortuni e miracolose guarigioni, il "D-day", tutto - magari un po’ alla rinfusa – nei prossimi post. 

Nel frattempo pubblico queste due immagini, che mi sono state richieste da alcuni del gruppo dei “Dannati”, mi auguro per un loro utilizzo, se non proprio nobile, almeno per scopi non esasperatamente turpi.
La prima è l’immagine che è stata stampata sulle magliette, che è un po’ il compendio di un modo di pensare il beach tennis.


Ma occorre fare una premessa tecnica. Nel linguaggio dei fumetti, la “linea cinetica” è quel tratto disegnato che allude ad un movimento, creando un senso di dinamicità in un’immagine statica. Noterete che l’unica linea cinetica esistente nel disegno è quella, lieve, sotto la pallina lanciata in aria dal giocatore a sinistra. Per il resto tutto è fermo, immobile. Questo perché il nostro beach tennis privilegia l’aspetto estetico rispetto a quello agonistico, la grazia rispetto alla potenza, la bellezza rispetto alla velocità: si gioca non per vincere, ma per partecipare. Anche perché, per come giochiamo, non è che ci sia una gran speranza di vincere.


La seconda immagine, che è una bozza realizzata dopo che il primo disegno è stato velatamente accusato di maschilismo (per l’assenza delle giocatrici, ma si sa che noi beachtennisti siamo fondamentalmente dei misogini…), non solo ribadisce la nostra attenzione alle valenze estetiche del gioco, ma la trasmuta in pura contemplazione.
D’altra parte:
- che il team sia composto prevalentemente da individui contemplativi è evidente, basta guardare come osserviamo, immobili, le bizzarre parabole dei pallonetti che ci scavalcano o le ovattate traiettorie delle smorzate che non riusciamo a raggiungere;
- che il team sia composto prevalentemente da esteti è cosa universalmente nota,  un segno distintivo che non ha bisogno di essere continuamente ricordato…

due esteti del  Team.
Quando Magellano, esplorando  la Terra del Fuoco, vide per 
la prima volta i pinguini patagonici, li descrisse esattamente così


venerdì 9 luglio 2010

un duro lavoro...

Generalmente da noi il problema è il quarto. In Sardegna no, il quarto c’era (ero io), il problema erano gli altri tre.
Torno da una settimana di vacanza trascorsa sulla costa di fronte all’isola di Tavolara, passata principalmente a valutare l’attitudine delle spiagge sarde alla pratica del gioco del beach tennis. Un lavoro duro, ma qualcuno lo doveva pur fare.

 
i due inviati del Team al lavoro per voi!
  
In Sardegna si pratica un beach tennis primordiale, direi quasi nuragico. Le attrezzature sono ancora rudimentali, si va dalle racchette in sughero a quelle composite, in bottarga e pane carasau; le palline utilizzate sono in pelle di porceddu e solo negli ultimi tempi sono comparse delle palline mid in pecorino semistagionato.

Anche l’utilizzo da parte dei giocatori dello smanicato in pelle di pecora, utile quando batte il maestrale ma che li fa apparire buffe parodie dei mamutones, non conferisce il giusto appeal al gioco. Tuttavia il vero problema è quello dei campi; il territorio aspro e selvaggio, con spiagge compresse tra il mare e gli stagni, non agevola di certo il decollo dello sport.

la natura della Sardegna: selvaggia e matrigna

Oltretutto il tipico affollamento estivo e le stravaganti abitudini dei villeggianti di riversarsi sulle spiagge anziché visitare, che ne so, il Supramonte, non solo scoraggiano la pratica del beach tennis, ma disturbano anche la ricerca di quel riposo psicofisico necessario dopo i tanti weekend passati sui campi del Lido di Spina, di quel relax che deriva semplicemente dal godersi il mare e la spiaggia. L’atteggiamento di certe categorie di turisti merita poi una particolare attenzione.

I tedeschi, ad esempio: non so se siano così di natura o se non arrivino proprio a capire le cose. Un po’ come gli ingegneri (e non oso pensare a come possano essere gli ingegneri tedeschi).
Cala Brandinchi, spiaggia soprannominata Tahiti, un carnaio già alle dieci di mattina. Guadagniamo miracolosamente uno spazio a quattro metri dalla riva e non facciamo in tempo a stendere gli asciugamani che si piazzano davanti a noi due tedeschi con due bambini piccolissimi. Iniziano a montare una tenda che, vista di fronte, sembrava la bocca del forno della strega di Hansel e Gretel, e da dietro era identica alla tenda di Rommel ad El Alamein.


Subito dopo, con secchielli, palette e stampini vari, in quattro e quattr’otto edificano con la sabbia un modello in scala 1:50 del Reichstag, precludendoci definitivamente la vista del mare. 
 
Non mi dilungherò poi sul gonfiaggio del canotto a forma di Panzer con il quale i due adulti si sono lanciati tra le onde nel tentativo – credo – di invadere la Polonia via mare, mentre i due bimbi cuocevano a fuoco lento nella bocca del forno.

Neppure il tempo di realizzare quanto accaduto che, pochi istanti dopo, nell’ultimo metro quadrato di spiaggia libero, si sdraiano a pochi centimetri da noi altri due individui di razza germanica, che in pratica si impadroniscono del nostro uovo prossemico e se lo divorano dopo averlo cucinano a la coque.

Per alleggerire la situazione, ci avviciniamo alla riva e tentiamo di entrare in acqua. Non so dire quanto sia freddo l’azoto liquido, ma secondo me c’eravamo abbastanza vicini.

 la vostra inviata avvista un pesce: era un raro esemplare di bastoncino di merluzzo

Quando realizzo di aver assunto una colorazione della pelle sufficientemente livida, decido di uscire, mi stendo al sole e visto che mi era inibita la pratica del beach tennis e precluso l’accesso al mare, mi dedico all’analisi dell’ambiente e del comportamento degli individui nel contesto naturale.  
L’osservazione della corpulenta femmina della coppia ultima arrivata, del suo modo di rotolarsi nella sabbia e di sguazzare nell’acqua, mi ha fatto riflettere sul motivo per cui gli abitanti locali hanno l’abitudine di attribuire agli anfratti costieri il toponimo di “Grotta del bue marino”.

 a destra, il bue marino unge il suo compagno col grasso secreto dalle proprie ghiandole sudoripare;
 a sinistra un suggestivo scorcio del plastico del Reichstag

Una più attenta riclassificazione della specie mi ha poi persuaso che l’esemplare esaminato non fosse una femmina di bue marino, pur possedendone oggettivamente tutte le caratteristiche, ma semplicemente un esemplare – abbastanza comune – di Teutone Invadente (frangiballe alemanica molesta).

 anonimo anfratto della costa; se una tedesca ci nuoterà davanti,
prenderà il nome di "Grotta del Bue Marino"
 
Oltre alle valutazioni di ordine beachtennistico, anche lo studio degli aspetti naturalistici locali e l’osservazione della fauna era un obiettivo di questa faticosa trasferta.  
Alcuni amici appassionati del genere mi avevano incidentalmente raccomandato lo studio degli esemplari di una particolare specie che pare alligni in questo periodo sulle coste sarde: la Gnocca Imperiale (melatirus vanesia).
Affermazione naturalmente rivelatasi imprecisa: magari migrerà più avanti, dalla metà di luglio in poi, ma qui, a fine giugno, della Gnocca Imperiale non abbiamo trovato traccia. Al momento ce ne sono sicuramente di più da noi, sulla costa adriatica. Ho avuto invece modo di osservare alcuni esemplari di Gnocca Discreta (melatirus domestica), ma gran  parte della costa sarda  in questo periodo dell’anno pullula di stormi di Buzzicona Tatuata (melatirus impropria), di Buzzicona dalla Gamba Corta (chiappona rasoterris) e di Buzzicona Urlante (riconoscibile del tipico richiamo verso i cuccioli della sua stessa specie: “Nicholasvienisubitofuoridallacquaaltrimenticometihofattotiammazzo!”). Sono tutte specie provenienti dall’altra sponda del Tirreno, migratrici stagionali, che dopo una breve traversata nidificano in queste zone generalmente per un paio di settimane.
 
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Dopo alcuni giorni, mi sono sentito in dovere di informare il Presidente della situazione riscontrata sull’isola; mi ha ascoltato pazientemente, e alla fine  – con il piglio e l’autorità morale che tutti gli riconosciamo – mi ha dato disposizioni perentorie: “Niente beach tennis? Niente Gnocca??? Allora piantala di buttare via tempo e denaro, e ritorna immediatamente alla base!”

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A testimonianza del lavoro svolto, eccovi il poderoso apparato iconografico prodotto:

 
il vostro inviato studia la spiaggia della Cinta: parzialmente idonea alla pratica del beach tennis…

 
… non fosse per i temibili ciottoli che la infestano!

si studiano le rudimentali forme di beach tennis ivi praticate…

 … e le rozze attrezzature disponibili

il vostro inviato testa la pelle di porceddu, utilizzata nella produzione di palline…

… spronato dall’entusiasmo scientifico manifestato dalla sua compagna

 Spiaggia dell’Isuledda: inidonea alla pratica del beach tennis

il vostro inviato nei pressi dell’isola di Tavolara, mentre valuta la possibilità di giocare un beach tennis abbinato al free climbing: ipotesi bocciata

 il vostro inviato, orfano dei racchettoni, si dedica alla sua antica passione: l’architettura.

si scruta l’orizzonte, alla ricerca della Gnocca Imperiale.
Nel frattempo, vista l’inidoneità delle spiagge alla pratica del beach tennis,
si studia il modo di trasferire il mare sardo sul litorale ferrarese

la geniale soluzione: questa gigantografia verrà installata davanti al tratto di mare compreso tra il bagno Granchio e il bagno Las Vegas!

 stremato dalla sconfortante ricerca, al vostro inviato sfugge forse l’unico esemplare di Gnocca Imperiale

 
il Presidente ci ha richiamato:
l’ultima foto, prima di chiudere la valigia 




martedì 24 novembre 2009

il campo

L’estate è finita, gli ultimi fuochi sono stati accesi e consumati sulla spiaggia del Lido di Spina domenica 1 novembre (evento che sarà a breve documentato, a beneficio degli increduli), ormai siamo tutti bianchi come seppie bollite e quindi è giunto il momento dello studio e della riflessione, della poltrona e delle tisane, del plaid sulle ginocchia e delle caldarroste con la cagnina.

Continuiamo quindi, con la tipica lentezza autunnale, il nostro excursus sul mondo del beach tennis.

La nostra arruffata guida torna ad occuparsi degli elementi indispensabili per il corretto svolgimento del gioco. Cominciamo a parlare del luogo fisico teatro delle gesta dei giocatori: il campo.

il campo 1                                                                                                                                     

martedì 1 settembre 2009

Perchè questo blog?

Non c'è una risposta precisa. Tutto nasce da una serie di paginette appiccicate con lo scotch alle vetrate del Bagno Spina nelle prime settimane di agosto, sulle quali si è raccontato – elaborando nei dopocena estivi tutta una serie di spunti, battute e cazzeggi vari raccolti durante la quotidiana fatica sui campi – di vari aspetti del beach tennis, croce e delizia dei weekend e delle vacanze estive ai Lidi Ferraresi.
Vista la curiosità suscitata, documentata inoppugnabilmente dalle numerose ditate impresse sui vetri nelle immediate vicinanze dei suddetti fogli, mi è sembrato simpatico pubblicarne il contenuto in rete. 

Si parla quindi del beach tennis, visto dalla parte di chi lo pratica ossessivamente senza però capirne una mazza. Il blog è comunque aperto anche ai contributi di chi non ne capisce un’ostia e, se qualcuno poi non ne capisse un accidente, tanto meglio, sarà senz’altro il benvenuto.

Cominciamo subito.