Visualizzazione post con etichetta infortuni. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta infortuni. Mostra tutti i post

lunedì 4 ottobre 2010

indietro tutta! - prima parte

 Qualche giorno fa ho fatto una risonanza magnetica al ginocchio destro.
Che saltellare sulla sabbia racchetta in mano e inseguendo una pallina non fosse proprio un’attività salutare lo sospettavo da tempo, ma che mi potesse provocare dei danni, no. Anche se poi, sbirciando l’esito dell’esame con la micidiale capacità deduttiva del geometra, mi è sembrato che alla fin fine non ci fosse niente di particolarmente grave. Tranne forse, ma in via del tutto incidentale, il dolore che avverto quando lo piego e l'inquietante scrocchio articolare che sento quando lo allungo.
Comunque quella della risonanza è stata un’esperienza positiva. Anzi, direi che per 36 euro la consiglio a tutti.
Innanzitutto per via del tecnico che mi ha fatto l’esame. Una ragazza: la Dea della Radiologia.


 Una di quelle che quando entri in ambulatorio e ti guardano, non hai più bisogno del medico, perché guarisci istantaneamente. Meglio che andare in pellegrinaggio a Lourdes. 
Vedendola apparire nel candore del suo camice bianco sono rimasto piacevolmente stordito, e quando mi ha chiesto di allungarle le carte, nel porgergliele le dita mi si sono intrecciate, incespicando tra di loro per l'emozione.


 Poi mi ha domandato se non avessi qualcosa di magnetico addosso, ed io , già un po' rinfrancato, mi sono trattenuto a stento dal risponderle, con il piglio di Humprey Bogart: “Si, baby, l’irresistibile sguardo con cui faccio impazzire le donne, ma non posso farci niente, quello non me lo può togliere nessuno!”
Neanche il tempo di ridacchiare tra me e me per la battuta del cacchio che mi indica la porticina di un gabbione bianco in lamiera forata e vetro, sussurrando con voce vellutata: “Bene, adesso togliti i jeans e stenditi sul lettino.”
E lì ho avuto un tuffo al cuore. Ho rivissuto quelle situazioni da commedia sexy all’italiana degli anni ‘70: mi aspettavo solo che sbucasse da una porta un medico con la faccia di Renzo Montagnani accompagnato da  Alvaro Vitali  che scoreggiava, vestito da infermiere.
Poi però, tanto per riportarmi alla realtà, la Dea Magnetica mi ha infilato sulla gamba un semicilindro che mi  ricordava tanto la montagnola con la galleria sotto cui passava il trenino elettrico con cui giocavo da bambino, mentre io - osservando con sgomento i calzini che avevo tenuto infilati ai piedi - maturavo piano piano l'imbarazzante consapevolezza di quanto fossi ridicolo sdraiato in mutande su di un lettino metallico (situazione in un certo qual modo già vissuta di recente).

Ed è cominciato l’esame. Sembrava un videogame, ma di cui percepivo soltanto il sonoro.
Per una ventina di minuti ho distintamente avvertito, in rapide e ripetute successioni, il crepitio di raffiche di mitragliatrice, suoni gravi di campane tibetane, ritmi ipnotici di tamburi sciamani e ululati di sirene  di segnalazione di navi immerse nella nebbia ma prossime all'approdo.

Ma ciò di cui in quel momento non mi sono reso conto, e che poi si è rivelato profetico di quanto stava accadendo altrove in quegli stessi istanti, e che riguardava la sfera lavorativa mia e di tanti altri, era che la modulazione del  suono della sirena da nave che sentivo era esattamente quello che significava: “Indietro tutta!”

- 1. continua - 

giovedì 9 settembre 2010

infortuni di mezza estate

Un ferragosto costellato di infortuni.
Il primo è capitato a me. Uscito da una cena a casa di amici del Team, sono rocambolescamente riuscito a cadere in bici da fermo. Sembra facile, ma provateci.
Solo in tre, al mondo, siamo riusciti a farlo: io, Pippo e l’ispettore Clouseau.

 
gli altri due geni capaci di cotanta impresa;
loro però sono personaggi di pura fantasia...

In sostanza ero a cavallo della bici, di fianco al marciapiede, quando si è staccato dalla staffa il fanalino posteriore comprato dai cinesi, mia moglie lo ha raccolto da terra e me lo ha allungato, io mi sono divincolato per infilarlo nella borsa sotto il sellino, la ruota davanti della bici si è girata di 90 gradi ed io, con la mano occupata dal maledetto fanale e contorto come una biscia, ho clamorosamente mancato l’appoggio del piede sul cordolo e sono crollato schiantandomi sul selciato come una pera. 
Di testa.
E non sono ancora neanche tanto anziano. Pensate a cosa potrà succedere tra qualche anno...
Alla fine poi, niente di grave, solo un graffio sotto il sopracciglio, anche se sanguinavo come uno appena uscito da una vergine di Norimberga.
Beh, sinceramente proprio sobrio non ero, qualcosina avevo bevuto, ma non è questo il fatto, visto che poi in sella alla bicicletta sono riuscito a tornare a casa.
Anche agevolato dal fatto che a Spina – notoriamente progettata da un’urbanista ubriaco - non esiste un rettilineo, e che basta imbroccare per il verso giusto la prima curva che  poi le altre vengono da sé.
Se però la prima curva la sbagli, allora è un’ecatombe: il tuo percorso si trasforma in un videogame truculento dove ogni dieci secondi c’è uno schianto, in seguito al quale ti appare davanti agli occhi la scritta “Game over!

ritratto dell'architetto che ha disegnato 
il piano urbanistico del Lido di Spina

Quando sono arrivato a casa, le luci dello specchio del bagno mi hanno rivelato la cruda realtà.
Avevo un’ammaccatura sullo zigomo sinistro, sangue che sgorgava copioso dal sopracciglio ed un inquietante versamento sulla palpebra, che assomigliava ad una velatura di ombretto, inizialmente rosa, poi fucsia, violetto ed infine verdino. 
Molto pulp.
Se la metà destra del viso era la mia solita (e quindi di una bellezza imbarazzante), quella di sinistra era un curioso mix tra il volto di un pugile suonato e quello di una drag queen mal truccata.

...

Il giorno dopo, fin dal primo mattino mentre salivo in auto per tornare a Ferrara a recuperare un paio di occhiali di ricambio - visto che gli altri si erano allegramente fracassati - e per diversi giorni ancora, è stato un continuo giustificare l’accaduto a tutti quelli che incontrandomi esclamavano: “ARRRGHH! Ma cosa hai fatto?!?”, guardando prima me con l’espressione di chi si imbatte in Elephant man o in Quasimodo di Notre Dame de Paris, e poi mia moglie con una dolorosa espressione di solidale commiserazione.
All’ennesimo  resoconto sul triste accadimento mi sono rotto un po' le balle, e allora piano piano ho cominciato a infiorare la storia, a renderla più interessante, ambientandola in contesti più esotici…

Un po' di pazienza e vi farò sapere.