E state sereni più che potete, mi raccomando.
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giovedì 31 maggio 2012
la terra trema (e noi pure)
Vi scrivo dal Lido di Spina, dove da qualche giorno io e mia
moglie veniamo a dormire sperando di stare un po’ più tranquilli, e dove
l’unico rischio sismico possibile (mi auguro!) è che possano ribaltarsi i pali
di sostegno dei campi da racchettoni, avviluppando il malcapitato giocatore
nella rete come un tonno nella tonnara senza però provocargli rilevanti danni
fisici, ma solo enormi danni morali.
Se non fosse per la catastrofe che ci ha travolto, per quei
poveracci che ci hanno lasciato le penne e per tutti quelli che, perduta ogni sicurezza,
sono costretti a starsene disperati e impauriti fuori di casa, vi racconterei
di quanto la comunità dei beachtennisti sia preoccupata dal misterioso fenomeno
della liquefazione delle sabbie. Tanto che qualche bella testa ha ventilato
l’ipotesi di giocare indossando, al posto delle solite scarpette da sabbia, un
paio di pinne, cosa che avrebbe ulteriormente aggravato sia il già precario
equilibrio che la compromessa mobilità di svariati giocatori che conosco.
E vi racconterei anche di quanto la comunità dei
beachtennisti sia rimasta interdetta dalle dichiarazioni dei geologi che tutto d’un
tratto hanno rovesciato la radicata convinzione che qui da noi in pianura i
terremoti non avrebbero mai potuto fare i danni che fanno dalle altre parti, perché
noi siamo appoggiati su un letto di sabbia che attutisce le onde sismiche.
Improvvisamente ci rivelano che – anzi -, la sabbia le amplifica, le onde
sismiche… Allora, se il fondo roccioso trasmette le onde sismiche e quello
sabbioso le amplifica, dov’è che possiamo stare tranquilli? Dopo lunghe
riflessioni, credo di avere la risposta: sulla lettiera dei gatti. Ecco, se
abitate in una casa appoggiata su un sottosuolo simile alla lettiera dei gatti,
non correte nessun pericolo: le onde sismiche arrivano, fanno la palla e via,
il pericolo è scongiurato.
Ragion per cui il prossimo torneo di beach tennis al Bagno
Spina, verosimilmente, si terrà sul ghiaino: il primo torneo Sanicat. Preparatevi.
Poi vi racconterei del dolore e della preoccupazione di noi
beachtennisti per i crolli dei capannoni industriali, e di quanto sia stato
crudele e ingiusto il terremoto a colpire le fabbriche e chi ci lavorava
dentro. Se in queste terribili manifestazioni della natura ci fosse una minima
forma di giustizia, il terremoto – nottetempo e senza far male a nessuno - avrebbe
raso al suolo l’unica cosa meritevole di distruzione: gli spogliatoi dello
Stop and Go. E qui mi fermo perché non vorrei fare la figura di quel ciordo che
tempo fa, durante un’eruzione, strillava “Forza Etna!”, e anzichè essere
spalmato di pece e ricoperto di piume dalla popolazione inferocita poi, proprio
da quelle parti, in Sicilia, è stato eletto sindaco. Questa è l’Italia: ciordi
ovunque, e a tutto tondo.
Poi vi racconterei della mia personale vicenda lavorativa
che mi ha portato a dovermi prender cura, da qualche tempo a questa parte, di
un importante monumento cittadino. Bene, da allora è capitato di tutto: orribili
lacerazioni al sistema fognario, rotture ai circuiti dell’impianto di
riscaldamento, esodi e controesodi biblici di uffici, e adesso il terremoto che
ha fatto, tra l’altro, crollare alcune strutture che resistevano da svariate
centinaia di anni. Decisamente non devo sorprendermi se alcuni colleghi di
lavoro mentre passo si ravanano in posti che non sto a dire perché sono una
persona educata… Dovrò farmi benedire, o esorcizzare, ora vedo di capire cosa
sia meglio. E ciononostante questo incarico mi è stato confermato almeno fino
al 31 dicembre prossimo. Niente male, dieci giorni dopo la fine del modo
annunciata dai Maya: una bella dimostrazione di fiducia!
E vi racconterei anche di quanto sia rasserenante la
normalità, preziosa l’abitudine, e importante la noia.
Ma siccome non è il tempo di raccontare stronzate, e forse
ne ho accennate già troppe, mi fermo qua.
E state sereni più che potete, mi raccomando.
E state sereni più che potete, mi raccomando.
sabato 31 marzo 2012
ultimi misteri
Ricordate che qualche post fa accennavo al troppe volte rimandato match con la somma sbadilatrice e con la sua misteriosa e sfuggente amica?
Bene, alla fine l’evento tanto atteso si è consumato, nel pomeriggio di una fredda domenica.
E che poi quella domenica pomeriggio ci fosse qualcosa di diverso nell’aria lo si era percepito subito.
Allo Stop and Go, appostate discretamente dietro i pilastri di sostegno del capannone, c’erano una troupe del National Geographic ed una della rivista Nature.
E, nascosto sotto la sabbia, Piero Angela. Suo figlio Alberto si era invece infilato nell’imbottitura di un palo di sostegno della rete del campo 3, ma in maniera così goffa che lo si vedeva lontano un miglio. Cecchi Paone era invece pericolosamente annidato nelle docce dentro agli spogliatoi. Mancava solo Roberto Giacobbo, che si era perso per strada a parlare con un Maya del tesoro dei Templari.
Allo Stop and Go, appostate discretamente dietro i pilastri di sostegno del capannone, c’erano una troupe del National Geographic ed una della rivista Nature.
E, nascosto sotto la sabbia, Piero Angela. Suo figlio Alberto si era invece infilato nell’imbottitura di un palo di sostegno della rete del campo 3, ma in maniera così goffa che lo si vedeva lontano un miglio. Cecchi Paone era invece pericolosamente annidato nelle docce dentro agli spogliatoi. Mancava solo Roberto Giacobbo, che si era perso per strada a parlare con un Maya del tesoro dei Templari.
Alberto Angela mentre esamina alcuni reperti ritrovati dal padre
tra le sabbie dello Stop and Go. Sapesse cosa avevo trovato io!
Gnucco come sono, io sulle prime non avevo capito un piffero di quanto stesse succedendo…
Ma poco dopo, quando ho visto arrivare la più autorevole candidata all’assegnazione del Badile d’Oro 2010 dietro alla quale s’intravvedeva l’ombra di una sagoma sfuggente, ho avuto la rivelazione.
Ma poco dopo, quando ho visto arrivare la più autorevole candidata all’assegnazione del Badile d’Oro 2010 dietro alla quale s’intravvedeva l’ombra di una sagoma sfuggente, ho avuto la rivelazione.
Era finalmente comparsa la mitica amica: la chimera, il liocorno, l'araba fenice, che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa.
Inizialmente seminascosta in un felpone, la mitica amica ha cominciato a muoversi per il campo, annusando l’aria con diffidenza e sventagliando la racchetta sopra alla testa come per tenerci a bada. Le prime tre palle che le abbiamo lanciato le ha catturate e infilate rapidamente in un tascone (forse un marsupio?), probabilmente con l’intenzione di farne provvista per l’inverno. La quarta palla, invece, ce l’ha rimandata indietro.
Avevamo stabilito un contatto!
Pian piano allora abbiamo cominciato a palleggiare, immersi nel ronzio ovattato delle videocamere delle troupe maldestramente mimetizzate per documentare l’evento. Poi a gesti abbiamo concordato le modalità del gioco, chiarendone via via i concetti che in un primo momento sembravano essere stati fraintesi, e cioè che non vinceva chi tirava la palla più lontano, o più in alto, e tanto meno chi tramortiva a pallate l’avversario. Quasi al termine delle due ore è sembrato che questi princìpi fossero stati compresi e assimilati, anche se ormai era troppo tardi per iniziare a giocare seriamente, ed io ero barcollante per il continuo schiacciamento alle vertebre cervicali causato dalle ripetute osservazioni delle parabole dei pallonetti, e macchiato come un dalmata dagli ematomi blu causati dalle furibonde pallate che, quando mi mancavano, formavano profondi e pericolosi crateri sulla superficie sabbiosa, entro i quali rischiavo continuamente di precipitare.
Però man mano che si procedeva nel gioco, la tensione svaniva e il misterioso essere sembrava diventare sempre meno diffidente, tanto che le troupe sono cautamente uscite allo scoperto e, o raccogliendo e lanciandole una pallina uscita dal campo, o chiamandole buone delle palle palesemente fuori, hanno lentamente conquistato la sua fiducia.
Tanto che credo che qualcuno, con un artificio, sia addirittura riuscito a prelevarle alcuni campioni organici che serviranno probabilmente per mapparne il DNA.
Cosi potremo conoscere i segreti di uno degli ultimi esseri misteriosi del nostro pianeta.
Cosi potremo conoscere i segreti di uno degli ultimi esseri misteriosi del nostro pianeta.
Ora ci mancano solo il calamaro gigante degli abissi, lo yeti, il mostro di Loch Ness e abbiamo esaurito i misteri dell’universo mondo.
Quasi.
Rimane il mistero dei neutrini e della velocità della luce.
In questi giorni è naufragata l’ipotesi che avrebbe messo in discussione la teoria della relatività, pare per un errore di calibrazione dell’orologio che misurava il tempo del tragitto delle particelle dal CERN al Gran Sasso attraverso il mirabolante tunnel della Gelmini…
Bastava dirmelo! Avrei mandato quel mio collega di lavoro e tutto si sarebbe risolto!
Poi anch’io avevo elaborato una teoria sul perché tutti quei neutrini, chiusi nel tunnel, fossero schizzati via più veloci della luce, ma secondo me (cosa sfuggita ai fisici presi dall’euforia nell’osservazione del fenomeno) non proprio tutti tutti…
Tutti tranne uno: quello che aveva scorreggiato.
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mercoledì 22 febbraio 2012
della mia nuova racchetta e dell'importanza del potere evocativo delle frasi
Incurante del fatto che il carnevale fosse finito e che oggi fosse il primo giorno di Quaresima, nel pomeriggio mi sono travestito da giocatore di beach tennis e mi sono presentato allo Stop and Go per la tradizionale partita del mercoledì con i dannati del CRAL.
E lì ho misurato la distanza tra l’essere e il voler apparire, tra il mascherarsi per negare se stessi e l’illusione di poter diventare altri, almeno per un attimo.
Se uno si traveste da Zorro non è che improvvisamente gli compare di fianco il servitore Bernardo e il cavallo nero che nitrisce e s’impenna, e possa quindi andare in giro impunemente a saettare delle zeta con la spada sul fondoschiena del sergente Garcia raddrizzando torti, no… Se uno si traveste da Zorro, rimane il pirla di sempre. Anzi, vestito da Zorro risulta persino un pirla più grande.
E questo è esattamente quello che mi è successo oggi, che ormai mi succede da tanto tempo, e che continuerà a succedermi per un bel pezzo, almeno finché il fisico mi reggerà.
Avrete forse intuito come la mia prestazione beachtennistica, come al solito, non sia stata esaltante…
Tuttavia sono felicissimo della mia nuova racchetta, da poco acquistata.
e per dimostrare che non siamo noi che non ci meritiamo le cose,
ma sono le cose che non si meritano noi,
ecco qui la mia nuova, rutilante racchetta
ecco qui la mia nuova, rutilante racchetta
L'altra di questi due modelli di punta, quella bianca e azzurra firmata da Alex Mingozzi, l’avevo provata sui campi del bagno Las Vegas: andava benissimo, secca, potente e maneggevole, e dopo pochi minuti mi ero già convinto di andarla a comprare.
Sennonché…
Osservandola meglio ho notato sulla base del piatto una scritta: “Memento audere semper”.
In un lampo mi sono ricordato di motosiluranti, di D’Annunzio, della beffa di Buccari, del Vittoriale, di Fiume, del Carnaro, di trasvolatori e di altri ammennicoli vagamente fascistoidi di cui credo si possa fare tranquillamente a meno.
Capisco che volessero significare: “Ricordati di osare sempre”, consiglio forse anche sensato ma che vale quel che vale sui campi di racchettoni, ma diavolo, prima di scrivere certe cose su di una racchetta informatevi anche su quello che possono evocare, sul loro significato “secondo”!
E quindi ho comprato l’altra racchetta, quella bianca e rossa. Senza neanche provarla.
Tanto per dire come sono fatto, e di quanto l’età mi renda sempre meno tollerante man mano che mi si allentano i freni inibitori.
Tanto per dire come sono fatto, e di quanto l’età mi renda sempre meno tollerante man mano che mi si allentano i freni inibitori.
La mia nuova racchetta ci ha scritto sopra “white”, come il White Christmas di Bing Crosby, “carbon” come il carbone della Befana (sintetizzando così mirabilmente le due festività che rendono tutti felici), ed è firmata da Matteo Marighella: una garanzia.
E, vi garantisco, va benissimo: peccato solo che sia finita nelle mani di un cialtrone come me.
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sabato 4 febbraio 2012
piccoli accorgimenti per sopravvivere alle insidie della neve
“Poropoppoppero poppoppò!” canticchiava un mio collega ieri mattina in ufficio percorrendo il corridoio. E rivolgendosi alla mia quasi dirimpettaia, le ha detto garrulo “Sai, quando mi senti cantare i motivi sono due: o sono molto contento o sono molto incasinato, e direi che stamattina l’ipotesi è la seconda!”
O sei molto rincoglionito, ho pensato io. Così, come terza possibilità.
Come divevano i latini, "tertium datur".
Colpa della bufera, che ci ha colpiti così, inaspettatamente, proprio in inverno.
Sì, la neve di questi giorni ha rotto proprio i coglioni, sia nelle attività di ufficio che nella sfera privata. In ufficio ho vissuto da spettatore il grande marasma per ripulire le strade e cospargerle di sale (mi sono trattenuto a stento dal mandare ad un collega che so che sporadicamente mi legge e che era pesantemente coinvolto nell’emergenza, un sms che diceva “Mi raccomando, sala poco che ti va su la pressione”), e nel privato per prima cosa mi ha fatto saltare il tradizionale mercoledì beachtennistico e poi, cosa peggiore, mi ha obbligato a farmi carico di alcune sgradevoli incombenze condominiali.
Mercoledì, all’apparire dei primi fiocchi, ho comprato in una vicina ferramenta una pala da neve. Sulle prime avevo pensato di utilizzare la mia vecchia Turquoise Black Death, scordandomi che già la stavamo utilizzando in casa come tagliere per i formaggi.
E ho cominciato a ripulire il marciapiede di fronte a casa.
Ho spalato due metri cubi di neve e dodici cacche di cane, che hanno sporcato con strisciate immonde l’attrezzo nuovo di zecca di cui ero orgoglioso, e rovinato la poesia e l’incanto del momento.
L’ho ripulita alla bell’e meglio, strisciando e sventagliando cacca sul manto bianco come Jackson Pollock durante un action painting; poi mi sono dedicato al cortiletto interno e alla fine ho sparso il sale dappertutto come Scipione sulle rovine di Cartagine dopo le guerre puniche.
il mio nuovo attrezzo: quasi quasi, se accorcio
il manico e gli rifaccio l'overgrip...
E ho cominciato a ripulire il marciapiede di fronte a casa.
Ho spalato due metri cubi di neve e dodici cacche di cane, che hanno sporcato con strisciate immonde l’attrezzo nuovo di zecca di cui ero orgoglioso, e rovinato la poesia e l’incanto del momento.
L’ho ripulita alla bell’e meglio, strisciando e sventagliando cacca sul manto bianco come Jackson Pollock durante un action painting; poi mi sono dedicato al cortiletto interno e alla fine ho sparso il sale dappertutto come Scipione sulle rovine di Cartagine dopo le guerre puniche.
Alla fine della rumba, il mio era l’unico marciapiede pulito e sghiacciato del quartiere, cosa molto apprezzata dai cani dei dintorni che hanno ricominciato immediatamente a cagarci sopra.
Penso che a breve mi consulterò con Archimede Pitagorico, o forse con Wile Coyote o direttamente con l’ACME che gli fornisce tutti i marchingegni, e installerò sul muro davanti al marciapiede una botola a scomparsa con dentro un forbicione collegato ad un pantografo che quando arriva un cane e accenna ad accucciarsi nella tipica posa, la prima volta guizza fuori e –zac! – una sforbiciata al pelo della coda dell’animale e –zac! – via una braga al padrone, poi la seconda volta, dovessero riprovarci, - zac! – un’altra spuntatina al pelo della coda della bestiola (perché in fin dei conti la colpa non è sua) e – zac! -, via una palla al padrone.
Oppure installerò sullo zoccolo intonacato di casa su cui gli amici a quattro zampe, tenuti al guinzaglio dai padroni che li guardano con benevola indulgenza, amano tanto segnare il territorio, un cavetto di acciaio come quelli che si adoperano negli impianti antipiccione, che appena si avvicina l’animale e accenna ad alzare la zampetta, - zot! – giù una scarica da ventimila volts che arriccia i peli uguale a cane e padrone. Così poi se ne vanno via a passeggio che fanno pendant.
E nello stesso tempo perfezioniamo anche l’odioso colorito che esibisce in questo periodo la maggior parte dei proprietari dei cani (almeno della mia zona), che complice evidentemente l’appena trascorsa settimana bianca sono tutti così abbronzati che sembrano in procinto di essere convocati dalla nazionale del Camerun.
sulla destra il risultato del primo taglio,
sulla sinistra quello del secondo...
Oppure installerò sullo zoccolo intonacato di casa su cui gli amici a quattro zampe, tenuti al guinzaglio dai padroni che li guardano con benevola indulgenza, amano tanto segnare il territorio, un cavetto di acciaio come quelli che si adoperano negli impianti antipiccione, che appena si avvicina l’animale e accenna ad alzare la zampetta, - zot! – giù una scarica da ventimila volts che arriccia i peli uguale a cane e padrone. Così poi se ne vanno via a passeggio che fanno pendant.
E nello stesso tempo perfezioniamo anche l’odioso colorito che esibisce in questo periodo la maggior parte dei proprietari dei cani (almeno della mia zona), che complice evidentemente l’appena trascorsa settimana bianca sono tutti così abbronzati che sembrano in procinto di essere convocati dalla nazionale del Camerun.
Eh, miei cari, la guerra è guerra e non c’è nessuna pietà, quando la maleducazione impera.
Temendo poi che tutta quella neve minacciasse inoltre di paralizzare anche i prossimi impegni beachtennistici, per cautelarmi, non appena finito di spalare, sono andato a mettere in moto l’auto preoccupato dal fatto che il freddo potesse scaricare la batteria.
Poi l’ho ripulita dal cumulo di neve che la stava sommergendo e, trattenuto solo dalla constatazione che le dita delle mie mani erano ormai color fucsia, ho pensato (ma solo pensato) di montare le catene…
Poi l’ho ripulita dal cumulo di neve che la stava sommergendo e, trattenuto solo dalla constatazione che le dita delle mie mani erano ormai color fucsia, ho pensato (ma solo pensato) di montare le catene…
L’ultima volta che ho tentato di farlo, per liberarmi hanno dovuto chiamare un fabbro. Ero talmente avviluppato da quella ferraglia che sembravo Antony Quinn che interpretava Zampanò, quello che faceva saltare le catene gonfiando il petto nel film “La strada” di Federico Fellini.
Il fabbro, tra l’altro, mentre cercava di districarmi dal complicato groviglio, mi ha leccato un orecchio convinto di trovarsi nel mezzo di un festino sadomaso. Quando gli ho spiegato che non era così, se n’è andato un po’ deluso. E senza farmi la fattura.
Il fabbro, tra l’altro, mentre cercava di districarmi dal complicato groviglio, mi ha leccato un orecchio convinto di trovarsi nel mezzo di un festino sadomaso. Quando gli ho spiegato che non era così, se n’è andato un po’ deluso. E senza farmi la fattura.
Nonostante tutto venerdì sera sono riuscito ad andare a giocare. Da due settimane mi sono reso disponibile come tappabuchi e per due venerdì consecutivi mi hanno chiamato. Neanche a fare il quarto, bensì a fare l’ottavo (!), e così nella girandola dei set ho giocato con quattordici persone diverse…
Ormai ho dato il mio numero di telefono a destra e a manca: sto diventando il più grande puttanone dello Stop and Go.
Ormai ho dato il mio numero di telefono a destra e a manca: sto diventando il più grande puttanone dello Stop and Go.
E domani – forse – riuscirò a disputare il tante volte programmato e altrettante volte rimandato match con la più autorevole candidata al (purtroppo mai assegnato) Badile d’Oro 2010 e con una sua - altrettanto preannunciata ma mai vista – amica: mitica creatura avvolta dal mistero, un po’ come lo yeti - su cui ci sono solo leggende, presunti avvistamenti, tracce, ma sostanzialmente nulla di concreto.
Se dovesse saltare la partita anche questa volta, credo che dovremo rinunciare definitivamente. Perchè forse allora dovremo davvero rassegnarci al fatto che gli dei ci sono contrari, e non vorrei mai che insistendo in questo folle progetto non rischiassimo di far cadere, oltre che tutta questa neve, anche quel meteorite che distruggerà definitivamente la vita sulla Terra.
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martedì 31 gennaio 2012
basta inverno!
Basta inverno! Non so voi, ma io ne ho già le palle piene.
Questi sono i giorni della merla, che mi perseguitano da una vita perché essendo nato io in uno di questi giorni, tutti mi dicono sempre “Ma sei nato nei giorni della merla!”, come se fosse una cosa di cui essere orgogliosi. Se dovessi mai beccare ‘sta merla, giuro che la spenno seduta stante, così crepa immediatamente dal freddo e la pianta di rompere gli zebedei nei secoli dei secoli, amen.
In questi giorni, come vi dicevo, ho compiuto gli anni.
Ricorrenza sempre più pesante. Per rallegrare l’evento ho pensato di regalarmi una nuova racchetta, ma i negozi miei storici fornitori di Marina di Ravenna in inverno sono chiusi. Così se ne riparlerà a marzo, e nel frattempo mi tengo la mia vecchia Vision ormai sfibrata, che trasmette nefaste vibrazioni al gomito ormai così tanto devastato alternativamente da epicondilite ed epitrocleite che quando faccio pipì mi devo infilare la fascia elastica altrimenti combino disastri.
Al braccio, intendo dire, la devo infilare la fascia. Ovviamente.
Ricorrenza sempre più pesante. Per rallegrare l’evento ho pensato di regalarmi una nuova racchetta, ma i negozi miei storici fornitori di Marina di Ravenna in inverno sono chiusi. Così se ne riparlerà a marzo, e nel frattempo mi tengo la mia vecchia Vision ormai sfibrata, che trasmette nefaste vibrazioni al gomito ormai così tanto devastato alternativamente da epicondilite ed epitrocleite che quando faccio pipì mi devo infilare la fascia elastica altrimenti combino disastri.
Al braccio, intendo dire, la devo infilare la fascia. Ovviamente.
Mia mamma mi ha regalato dei cioccolatini, subito sequestrati da mia moglie che li ha suddivisi tra quelli che le piacciono e quelli che non le piacciono, consegnando naturalmente a me i secondi. “Questi sono al cocco, li lascio a te che so che li mangi volentieri”, mi ha detto: affermazione che tornerà buona quando dovrò dimostrare la crudeltà mentale nel nostro rapporto di coppia.
Poi anche mia moglie mi ha fatto un regalo. Una bella sorpresa. Che, in continuità con le ciabatte regalatemi a Natale, allude velatamente al mio ormai prossimo e inevitabile declino fisico e alla prospettiva di un futuro sedentario.
I presupposti c’erano tutti: erano mesi che ripeteva che avevo bisogno di un pigiama nuovo, la sera prima mi aveva fatto gli auguri su Facebook pubblicando questa immagine
che, per inciso, produrrò agli atti al momento del divorzio, e quindi la mattina del mio compleanno mi alzo di buon’ora e cosa mi ritrovo sul tavolo della cucina? Un bel sacchettone chiuso da un nastro recante una scritta misteriosa: Te Zenis.
Che cosa dovevo mai pensare? Torno a letto e, mentre lei si rigira sul materasso, le sussurro “Grazie! Scommetto che è un pigiama.”
“Guarda, a me è sembrato carino. Ma se non ti piace, lo riporto indietro e (testuali parole!) prendo della roba per me.”
Non immaginerete quindi la mia sorpresa quando, aprendo il pacco, invece del previsto pigiama, mi sono trovato un tutone di felpa, ma mica sportivo, da poter sfoggiare magari allo Stop and Go in questo periodo di freddo intenso, no…: uno di quelli da portare in casa, con le pantofole di pelouche a forma di coniglio. Tutto bello lungo e attillato, perfetto sul fisicone di un modello palestrato ma che indossato da me mi rendeva sexy come una carruba.
Morale: il giorno dopo era già stato restituito al negozio e barattato con un set di mutande da donna.
Fine del compleanno, fine del regalo e arrivederci all’anno prossimo.
Che cosa dovevo mai pensare? Torno a letto e, mentre lei si rigira sul materasso, le sussurro “Grazie! Scommetto che è un pigiama.”
“Guarda, a me è sembrato carino. Ma se non ti piace, lo riporto indietro e (testuali parole!) prendo della roba per me.”
Non immaginerete quindi la mia sorpresa quando, aprendo il pacco, invece del previsto pigiama, mi sono trovato un tutone di felpa, ma mica sportivo, da poter sfoggiare magari allo Stop and Go in questo periodo di freddo intenso, no…: uno di quelli da portare in casa, con le pantofole di pelouche a forma di coniglio. Tutto bello lungo e attillato, perfetto sul fisicone di un modello palestrato ma che indossato da me mi rendeva sexy come una carruba.
Morale: il giorno dopo era già stato restituito al negozio e barattato con un set di mutande da donna.
Fine del compleanno, fine del regalo e arrivederci all’anno prossimo.
Mi rimangono però due consolazioni: la prospettiva della nuova racchetta che mi comprerò in primavera, e i cioccolatini al cocco.
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zebedei
mercoledì 30 novembre 2011
archiviamo novembre
Archiviamo novembre, per me il peggiore dei mesi.
La cui insita tristezza quest’anno è stata addirittura oscurata da una serie di eventi inquietanti: maltempo, danni, governi che vanno e vengono, crisi economica e lugubri prospettive per tutti noi. Un governo di tecnici farà le cose che i politici hanno ritenuto opportuno evitare di fare, avendo lo stesso appeal della peste bubbonica. Essendo tecnici, mi auguro che i componenti del nuovo governo abbiano ben chiara la differenza tra il bastone e la carota, e idee precise sulle pratiche lecite nell’utilizzo delle due cose.
Per noi continuare a lavorare sarà un privilegio, ma ci toccherà farlo fino a 65 anni o più (età peraltro alla quale più o meno inizieranno a lavorare i nostri figli). In pensione ci andremo sdraiati a pancia in su, un giglio tra le mani giunte sul petto e il prete che ci sventolerà attorno un incensiere. L’euro tra poco avrà un valore equivalente al lek albanese, tanto varrà farci dei coriandoli e con quelli tentare di pagare l’ICI.
La cui insita tristezza quest’anno è stata addirittura oscurata da una serie di eventi inquietanti: maltempo, danni, governi che vanno e vengono, crisi economica e lugubri prospettive per tutti noi. Un governo di tecnici farà le cose che i politici hanno ritenuto opportuno evitare di fare, avendo lo stesso appeal della peste bubbonica. Essendo tecnici, mi auguro che i componenti del nuovo governo abbiano ben chiara la differenza tra il bastone e la carota, e idee precise sulle pratiche lecite nell’utilizzo delle due cose.
Per noi continuare a lavorare sarà un privilegio, ma ci toccherà farlo fino a 65 anni o più (età peraltro alla quale più o meno inizieranno a lavorare i nostri figli). In pensione ci andremo sdraiati a pancia in su, un giglio tra le mani giunte sul petto e il prete che ci sventolerà attorno un incensiere. L’euro tra poco avrà un valore equivalente al lek albanese, tanto varrà farci dei coriandoli e con quelli tentare di pagare l’ICI.
Io di mio sono riuscito a complicarmi la vita perdendo chissà dove gli occhiali da vista, li ho rifatti al costo di mezza finanziaria di sangue sudore e lacrime con lenti progressivo-bioniche, potenziate di quel minimo indispensabile per farmi vedere le cose doppie. Dovrò abituarmi piano piano, ma anche questo è stato un evento disgraziato che purtroppo rovina una delle poche cosa piacevoli rimaste: adesso giocando a beach tennis anche la pallina la vedo doppia, e sistematicamente tendo a colpire goffamente quella sbagliata.
...
L’attività beachtennistica autunnale è ripresa, e tutti i mercoledì pomeriggio siamo in una nota struttura cittadina dedicata al beach tennis di cui - per la privacy - dirò in cognome (and Go) ma non il nome, a pestare le sabbie del campo 1 – riservato al CRAL per diritto feudale -, celebre per le rinomate esalazioni solforose che lo appestano costringendo i giocatori a prolungate apnee (e chi lo frequenta saprà benissimo di cosa parlo).
Nessuno mai è riuscito a capire da dove provengano i gas venefici.
Dal bagno no. Una volta ho sbirciato dentro e me la sono svignata subito: là dentro c’era qualcosa che si contorceva gemendo, c’era una puzza terrificante (ora io capisco che uno ami cibarsi di cadaveri, ma putrefatti, no!), ma l’odore non era quello.
Allora forse dalle vasche biologiche? Da un condotto di urea danneggiato? Da una necropoli etrusca sottostante?
Nessuno mai è riuscito a capire da dove provengano i gas venefici.
Dal bagno no. Una volta ho sbirciato dentro e me la sono svignata subito: là dentro c’era qualcosa che si contorceva gemendo, c’era una puzza terrificante (ora io capisco che uno ami cibarsi di cadaveri, ma putrefatti, no!), ma l’odore non era quello.
Allora forse dalle vasche biologiche? Da un condotto di urea danneggiato? Da una necropoli etrusca sottostante?
Ho fatto alcune ricerche. Con la mia racchetta Turquoise, rivelatasi ottima allo scopo, ho cominciato pian piano a scavare nella sabbia. Poco alla volta, con mia somma meraviglia, guardate un po’ cosa ho trovato:
Ecco svelato il mistero delle micidiali flatulenze! Bastava applicarsi un pochino e tutto si sarebbe risolto molto prima.
Stavo per andare alla reception per rivelare la mia scoperta, poi ho cominciato a pensare…
Metti che arrivi qui la Soprintendenza, transenna tutto, fa i saggi, chiama l’archeologo, il paleontologo e ora che chiede il finanziamento al Ministero e realizza gli scavi, addio stagione beachtennistica.
Quatto quatto sono ritornato sui miei passi, ho risotterrato tutto (oh, la mia Turquoise sembra fatta proprio apposta per questo!) e ho coperto per benino.
Poi sono andato a recuperare una maschera antigas e ho ricominciato a giocare.
Senza lamentarmi più.
p.s.- Noto or ora che questo è il diciassettesimo post dell'anno... Perbacco, porterà ulteriore sfiga! Quindi cercherò di rimediare nei prossimi giorni, pubblicando la seconda parte del resoconto del torneo dell'Amicizia 2011, con allegate nuove ed imperdibili foto.
Quindi occhio, amici miei, e mi raccomando: state in campana!
Stavo per andare alla reception per rivelare la mia scoperta, poi ho cominciato a pensare…
Metti che arrivi qui la Soprintendenza, transenna tutto, fa i saggi, chiama l’archeologo, il paleontologo e ora che chiede il finanziamento al Ministero e realizza gli scavi, addio stagione beachtennistica.
Quatto quatto sono ritornato sui miei passi, ho risotterrato tutto (oh, la mia Turquoise sembra fatta proprio apposta per questo!) e ho coperto per benino.
Poi sono andato a recuperare una maschera antigas e ho ricominciato a giocare.
Senza lamentarmi più.
p.s.- Noto or ora che questo è il diciassettesimo post dell'anno... Perbacco, porterà ulteriore sfiga! Quindi cercherò di rimediare nei prossimi giorni, pubblicando la seconda parte del resoconto del torneo dell'Amicizia 2011, con allegate nuove ed imperdibili foto.
Quindi occhio, amici miei, e mi raccomando: state in campana!
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sabato 29 gennaio 2011
tempo di esami
Anche quest’anno, passato il Natale, ho dovuto programmare gli esami medici di routine.
Naturalmente spinto a viva forza da mia moglie.
Gli argomenti che tira fuori per obbligarmi a farli sono sempre gli stessi:
1) ormai c'hai un'età (e grazie, continua pure a rigirare il coltello nella piaga...)
2) non puoi continuare così a fare quello che fai ( ad es. giocare a beach tennis per ore ed ore) senza controllarti
3) non puoi continuare a nascondere la testa dentro la sabbia come gli struzzi (sarà quello il motivo della mia passione per le spiagge?)
4) non sperare di star bene solo perchè non ti controlli (ma non è vero che non mi controllo: per esempio, dopo questa affermazione scatta subito l'autopalpazione dei testicoli!)
5) se poi, a causa della tua trascuratezza, ti dovesse venire un coccolone, augurati di lasciarci le penne subito, perchè in caso contrario col cavolo che io starò lì ad assisterti (eh, è sempre bello sapere di poter contare su qualcuno...)
Però è vero, io in genere tergiverso sempre, spesso mi faccio prescrivere gli esami e - ops! – riesco a far scadere i termini dell’impegnativa, guadagnando così alcuni mesi.
Ma non è che abbia paura dei prelievi, per carità, non è quello: sono gli esiti che mi terrorizzano. Perchè se anche mi sentissi benone ed in piena forma, sicuramente da quei maledetti numerini a lato del referto emergerà che questo valore è alto, questi altri sono al limite e quello bisogna capire perché si è spostato, facendomi precipitare, nel migliore dei casi, da uno stato di benessere ad uno di attenzione per cui quello che facevo non lo potrò più fare o peggio quello che odio fare lo dovrò fare obbligatoriamente, e nel peggiore dei casi in una girandola di accertamenti che mi risucchieranno in un vortice senza fine, cosa che per uno come me che ama stare parecchio alla larga da medici, medicine ed ospedali, si prospetta come un vero incubo.
E’ chiaro che le aziende produttrici dei recipienti per il campionamento delle urine hanno dovuto operare una scelta dolorosa: o agevolare i pazienti, o agevolare i laboratori.
Ed hanno scelto questi ultimi.
Per questo producono e commercializzano le provette.
Per questo producono e commercializzano le provette.
In genere la notte prima degli esami, sul tardi, io appoggio la provetta sul coperchio del water per non rischiare di scordarmi. Poi il resto della nottata è un incubo. Sono digiuno dalla mezzanotte, mi addormento tardissimo e alle tre, quando avverto i primi stimoli, inizio un estenuante dormiveglia. Ogni quarto d’ora sbircio la sveglia e più sbircio la sveglia più cresce lo stimolo, e ogni quarto d’ora la vescica si gonfia sensibilmente, come una clessidra ad acqua.
Questo solitamente non mi capita mai, ma quella mattina lì, si. Ho la sensazione di non aver mai avuto uno stimolo così potente, mi rivolto nel letto, guardo la sveglia, stringo i denti e dico oddio non ce la farò mai…
Alle cinque ho l’impressione di riprendere il controllo, ma evidentemente sono i sudori freddi che contribuiscono a drenare i liquidi.
Alle cinque e mezzo la resa: mi precipito in bagno, apro la confezione della provetta, e freneticamente – perché non l’ho fatto prima?- leggo le istruzioni: c’è da compilare l’etichetta. E alle cinque e mezzo di mattina avverto tutta l’inadeguatezza di un miope assonnato che cerca una biro a tentoni, e che deve scrivere i propri dati su un’etichetta piccolissima, di carta lucida e incollata su di una superficie curva. Dieci minuti buoni, a gambe strette e sudando freddo.
E poi comincia il difficile.
Forse chi produce le provette non si è mai posto il problema di chi le deve riempire. Ora io non conosco il grado di precisione delle donne, ma per noi uomini, anche se apparentemente agevolati dal nostro particolare dispositivo di puntamento, il riempire la provetta è un dramma.
Provate a pensare se lo stesso principio fosse applicato ai distributori di carburante, e cioè se la pistola erogatrice non dovesse entrare nel bocchettone del serbatoio ma dovesse vagamente appoggiarsi su un'imboccatura tre volte più stretta...
Il metodo che adopero io è questo: erogazione goccia a goccia con contorcimenti e spasmodiche contrazioni addominali per evitare esondazioni. Tra l'altro è un esercizio che, a farlo con costanza, vi scolpisce degli addominali a tartaruga come quelli di un culturista. Funziona, ma è un supplizio, anche perchè bisogna fare attenzione a non riempirla troppo, la provetta, altrimenti quando poi chiudi il tappo si dimostra sperimentalmente, ed in maniera nefasta, la legge sulla incomprimibilità dei liquidi.
E arriviamo alla cosa più simpatica, il trasporto e la consegna della provetta all'ambulatorio prelievi.
Quella mattina ti ritrovi nell'atrio dell'ambulatorio, in mezzo ad un gruppo di individui circospetti che si guardano attorno con l'aria da cospiratori, alcuni dei quali avviluppati nel mantello di Fantomas sotto il quale celano l'immondo malloppo che racchiude la provetta, pronti ad estrarla con gesto teatrale.
Occorre dire che in queste situazioni la fantasia umana si sbizzarrisce: dovunque venga riposta la provetta, dalla sportina di plastica della LIDL all'astuccio delle matite del figlioletto e fino alla pochette di Louis Vuitton, essa viene sempre avvolta e sigillata nelle maniere più bizzarre.
Ho visto provette avvolte nel Domopak, nella carta igienica fermata con lo scotch, nello scottex fissato con gli elastici, nella carta da forno legata con lo spago per arrosti, nella carta stagnola, nella carta dei regali di Natale inguainata da un residuo di calze a rete, in un plaid, in un tappeto persiano, in bende di lino impregnate da essenze resinose, come quelle delle mummie egizie...
E il tutto ulteriormente racchiuso in un sacchetto da freezer sigillato con complicati nodi marinari.
Ho visto provette avvolte nel Domopak, nella carta igienica fermata con lo scotch, nello scottex fissato con gli elastici, nella carta da forno legata con lo spago per arrosti, nella carta stagnola, nella carta dei regali di Natale inguainata da un residuo di calze a rete, in un plaid, in un tappeto persiano, in bende di lino impregnate da essenze resinose, come quelle delle mummie egizie...
E il tutto ulteriormente racchiuso in un sacchetto da freezer sigillato con complicati nodi marinari.
Io signorilmente confido nella tenuta del tappo e quindi rimetto la provetta nella sua scatolina di cartone e la infilo verticale nel taschino della camicia. E' pericoloso, ma quando ci si deve assumere dei rischi, io non mi tiro mai indietro.
E tutto questo per avere sostanzialmente una sola informazione clinicamente utile:
"colore: giallo paglierino".
Se poi dovessero trovarci della sabbia, non dipenderebbe dai reni: è sicuramente quella che inalo settimanalmente sui campi dello Stop and Go.
Per illustrare l'altro momento topico, quello del prelievo di sangue in ambulatorio, mi limiterò semplicemente a mostrarvi alcune scene che riassumono situazioni a cui ho assistito nella mia pluriennale frequentazione degli ambulatori. Chi le avesse già viste, porti pazienza.
Ah, tra parentesi gli esiti sarebbero pronti stamattina.
Ma oggi è il mio compleanno, quindi col cavolo che li vado a ritirare.
Ci penserò lunedì.
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martedì 28 dicembre 2010
habemus papam
Ecco, il file è pronto, ma se mi ricordo come si fa a metterlo in rete attraverso quel maledetto servizio di condivisione documenti che si chiama Scribd, che un fulmine mi incenerisca. Quindi procederò per tentativi, maledicendo chi aggiorna, modifica e stravolge le applicazioni sul web, pensando di favorire gli utenti ma risucchiandoli invece in un incubo di incertezze.
Naturalmente nel calendario sono state inserite (e un tantino elaborate) le foto degli amici dello Zurma Team, del bagno Spina e del gruppo invernale che si ritrova tutte le settimane allo Stop and Go a rincorrere invano palline dalle improbabili traiettorie. Mi affido al senso dell'umorismo ed alla comprensione di chi vi è ritratto: spero che nessuno se ne abbia a male e comprenda lo spirito della pubblicazione, così come comprenderà lo spirito di questo blog. Nomino comunque fin da ora il mio legale di fiducia (esimio professionista, consulente del Team nonchè autorevole secondo candidato all'assegnazione del purtroppo abortito "Badile d'oro 2010"), che dovrà rappresentarmi, assistere e difendere in qualsiasi controversia, avvisandolo però - ai fini di eventuali risarcimenti a terzi o di sue inverosimili pretese di liquidazione di eventuali parcelle - che sono assolutamente al verde.
calendario 2011 de "i dannati del beach tennis"
Ecco, pare che funzioni, anche se straborda dalla colonna del blog e mi farà passare il resto della vita macerandomi nel tormento di cercare di capire come allinearlo.
E' già tardi, domani si parte per la montagna, e quindi lo lascerò lì. Ma l'importante è che possiate vederlo e, se volete, scaricarlo liberamente e stamparlo, per rallegrare anche durante il prossimo anno le ostili pareti che ci rinchiudono.
E buon anno a tutti.
giovedì 28 ottobre 2010
tutti dentro!
Speravamo in un ottobre dolce e clemente, ma purtroppo siamo rapidamente precipitati nell'autunno pesto.
Non credo di essere l’unico che, svegliandosi la mattina negli ultimi weekend e mettendo il naso fuori dalla finestra, abbia avuto l’impressione di trovarsi in Cornovaglia.
Non credo di essere l’unico che, svegliandosi la mattina negli ultimi weekend e mettendo il naso fuori dalla finestra, abbia avuto l’impressione di trovarsi in Cornovaglia.
Dovendo comunque fare di necessità virtù, una parte del team ha ripreso – obtorto collo – l’attività indoor.
E per quest’anno ci sono alcune novità importanti. Innanzitutto non giochiamo più nello stesso posto dell’anno scorso.
I motivi sono misteriosi: forse nella vecchia sede le docce e gli spogliatoi erano troppo puliti e confortevoli, forse non c’era abbastanza caos nel traffico per arrivarci, forse il fondo sabbioso non era abbastanza duro e ricco di pregiate ghiaie, magari mancavano gli stimoli olfattivi generati dalle possenti esalazioni biologiche emanate non so se da un bagno o da una sepoltura etrusca non ancora profanata, in grado di scuoterti nei momenti di torpore atletico…
Secondo me chi ha deciso di cambiare la sede teatro delle nostre imprese agonistiche ci ha voluto proporre un percorso di spartana sofferenza, per rimarcare che il beach tennis non è solo divertimento, ma anche sacrificio e dedizione.
E per quest’anno ci sono alcune novità importanti. Innanzitutto non giochiamo più nello stesso posto dell’anno scorso.
I motivi sono misteriosi: forse nella vecchia sede le docce e gli spogliatoi erano troppo puliti e confortevoli, forse non c’era abbastanza caos nel traffico per arrivarci, forse il fondo sabbioso non era abbastanza duro e ricco di pregiate ghiaie, magari mancavano gli stimoli olfattivi generati dalle possenti esalazioni biologiche emanate non so se da un bagno o da una sepoltura etrusca non ancora profanata, in grado di scuoterti nei momenti di torpore atletico…
Secondo me chi ha deciso di cambiare la sede teatro delle nostre imprese agonistiche ci ha voluto proporre un percorso di spartana sofferenza, per rimarcare che il beach tennis non è solo divertimento, ma anche sacrificio e dedizione.
Abbiamo lasciato una struttura "decente ma smorta" per una struttura "vivace ma con palesi criticità" (non volevo dire "indecente"…)
Speriamo comunque che le cose possano migliorare nel futuro. Perché nell’ambiente si sentono voci, e corrono indiscrezioni...
I beninformati sussurrano che forse l’anno prossimo si aprirà una nuova e splendente struttura per il beach tennis: il Beach and Go.
E nel 2012 un’altra ancora. Si chiamerà Stop Planet, e l’inaugurazione si terrà a dicembre (pare il 21), in concomitanza con la fine di uno dei tanti cicli del calendario Maya.
Sempre che non ci sia l'inversione dei poli magnetici terrestri, l'invasione degli alieni o l'impatto anticipato dell’asteroide Apophis conil nostro pianeta.
E nel 2012 un’altra ancora. Si chiamerà Stop Planet, e l’inaugurazione si terrà a dicembre (pare il 21), in concomitanza con la fine di uno dei tanti cicli del calendario Maya.
Sempre che non ci sia l'inversione dei poli magnetici terrestri, l'invasione degli alieni o l'impatto anticipato dell’asteroide Apophis con
Tuttavia l’attività invernale è cominciata.
Documentiamo qui, con alcune foto, gli esordi dell'attività al chiuso del gruppuscolo di agguerriti adepti, tutti (tranne qualche debosciato) orgogliosamente fasciati nella maglietta d' ordinanza. il giorno dell'esordio, tutti in divisa come scolaretti
la settimana dopo: già si notano i primi sintomi di svaccamento...
P.S. - Pubblico oggi questo post perchè domani uscirà il nuovo libro di Umberto Eco, "Il cimitero di Praga", e non volevo mettermi in competizione... Oh, ma ecco a cosa somiglia l'esalazione fetida che ci perseguita nel chiuso dei campi da beach tennis: forse proprio a quella che si avvertiva nel cimitero di Praga durante la riesumazione della salma del Golem! O forse a quella che fuoriesce dal mio borsone, aprendone la cerniera una settimana dopo averci dimenticato dentro i calzini sporchi...
P.P.S. - Ancora una volta l'attualità ci prende alla sprovvista e ci scavalca: voci insistenti affermano che il nome della nuova struttura per il beach tennis, quella che dovrebbe aprire l’anno prossimo, non sarà più Beach and Go: si chiamerà invece - pensate un po'- Bunga Bunga!
Il primo da sinistra è il prototipo del giocatore caparbio e generoso (noterete che è l'unico sudato del gruppo);
il secondo è l'indomito acrobata che si lancia su tutte le palline (come rivelano le ginocchia incrostate di sabbia);
il terzo sono io, e quindi mi astengo da ogni commento;
il quinto è il "pallettaro supremo" che tutti conosciamo;
il sesto - quello in grigio - è la controfigura di Nosferatu;
il settimo è un noto esponente della banda della Magliana, detto "er Ciabatta".
il secondo è l'indomito acrobata che si lancia su tutte le palline (come rivelano le ginocchia incrostate di sabbia);
il terzo sono io, e quindi mi astengo da ogni commento;
il quinto è il "pallettaro supremo" che tutti conosciamo;
il sesto - quello in grigio - è la controfigura di Nosferatu;
il settimo è un noto esponente della banda della Magliana, detto "er Ciabatta".
Un'annotazione a parte merita la procace biondina dall’aria apparentemente innocua, che vedete al centro della foto.
Si è presentata in campo costipatissima, a causa di un potente raffreddore, e per tutte le due ore di gioco non ha fatto altro che:
1) soffiarsi ripetutamente il naso;
2) impastrocchiare voluttuosamente di moccio la pallina, trasformandola in una bomba batteriologica degna delle migliori armi di distruzione di massa;
3) lanciarla in aria per il servizio e - PAAAFFF!- con una racchettata disperdere i virus per il campo.
Ovviamente ogni risposta al suo servizio non faceva altro che - PAAAFFF!- diffondere ulteriormente i virus nell'aria, e così, di PAAAFFF! in PAAAFFF!, la pallina ha svolto il suo sporco compito, diffondendo virus a manetta nella rarefatta atmosfera del capannone.
Meno male che i primi virus - i più aggressivi - sono stati rapidamente catturati e abbattuti dagli evanescenti artigli rapaci dei miasmi pestilenziali emanati non so se da un bagno o da un cimitero di zombi, situato in prossimità del campo 1.
I virus sopravvissuti, dopo un attimo di sgomento, si sono guardati intorno, ci hanno individuati e ci hanno puntati per portare a termine la loro ammorbante missione; ma fortunatamente stavamo giocando talmente male che, dopo una rapida occhiata, se ne sono andati inorriditi ad infettare i clienti di un supermercato vicino.
i giocatori, sfuggiti all'attacco batteriologico,
festeggiano lo scampato pericolo
festeggiano lo scampato pericolo
P.S. - Pubblico oggi questo post perchè domani uscirà il nuovo libro di Umberto Eco, "Il cimitero di Praga", e non volevo mettermi in competizione... Oh, ma ecco a cosa somiglia l'esalazione fetida che ci perseguita nel chiuso dei campi da beach tennis: forse proprio a quella che si avvertiva nel cimitero di Praga durante la riesumazione della salma del Golem! O forse a quella che fuoriesce dal mio borsone, aprendone la cerniera una settimana dopo averci dimenticato dentro i calzini sporchi...
P.P.S. - Ancora una volta l'attualità ci prende alla sprovvista e ci scavalca: voci insistenti affermano che il nome della nuova struttura per il beach tennis, quella che dovrebbe aprire l’anno prossimo, non sarà più Beach and Go: si chiamerà invece - pensate un po'- Bunga Bunga!
giovedì 15 ottobre 2009
primarie pd
Il beach tennis irrompe anche nella battaglia per l’elezione del segretario del Partito Democratico.
Nella natia Ferrara il candidato Dario Franceschini cerca di ingraziarsi i favori del mondo dei racchettoni.
E lancia la sfida all’avversario Pierluigi Bersani: niente primarie il 25 ottobre, ma una partita secca ai 9 (tie-break sull’otto pari) Franceschini-Veltroni contro Bersani-D’Alema, oppure un doppio misto Franceschini-Serracchiani contro Bersani-Finocchiaro, da disputare sui campi dello Stop and Go. Lo Stop c’è stato da un pezzo; per il Go, speriamo bene.
E l'altro candidato, Marino? Beh, forse gli faranno fare quattro palleggi, nel riscaldamento.
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