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mercoledì 22 febbraio 2012

della mia nuova racchetta e dell'importanza del potere evocativo delle frasi

Incurante del fatto che il carnevale fosse finito e che oggi fosse il primo giorno di Quaresima, nel pomeriggio mi sono travestito da giocatore di beach tennis e mi sono presentato allo Stop and Go per la tradizionale partita del mercoledì con i dannati del CRAL.
E lì ho misurato la distanza tra l’essere e il voler apparire, tra il mascherarsi per negare se stessi e l’illusione di poter diventare altri, almeno per un attimo.
Se uno si traveste da Zorro non è che improvvisamente gli compare di fianco il servitore Bernardo e il cavallo nero che nitrisce e s’impenna, e possa quindi andare in giro impunemente a saettare delle zeta con la spada sul fondoschiena del sergente Garcia raddrizzando torti, no… Se uno si traveste da Zorro, rimane il pirla di sempre. Anzi, vestito da Zorro risulta persino un pirla più grande.

E questo è esattamente quello che mi è successo oggi, che ormai mi succede da tanto tempo, e che continuerà a succedermi per un bel pezzo, almeno finché il fisico mi reggerà. 
Avrete forse intuito come la mia prestazione beachtennistica, come al solito, non sia stata esaltante…

Tuttavia sono felicissimo della mia nuova racchetta, da poco acquistata.

e per dimostrare che non siamo noi che non ci meritiamo le cose, 
ma sono le cose che non si meritano noi,
ecco qui la mia nuova, rutilante racchetta

Degna erede della mia vecchia Vision, è una racchetta che praticamente gioca da sola. Anzi, da sola gioca meglio di quanto non giochi assieme a me, per dire, e quindi l’anello debole della coppia - se proprio si volesse fare la punta ai chiodi - sarei io. E’ una dei due modelli di punta della scorsa estate, ça va sans dire, ho solo questo vizio e potrò pur cavarmi una qualche voglia ogni tanto…
L'altra di questi due modelli di punta, quella bianca e azzurra firmata da Alex Mingozzi, l’avevo provata sui campi del bagno Las Vegas: andava benissimo, secca, potente e maneggevole, e dopo pochi minuti mi ero già convinto di andarla a comprare. 

Sennonché…

Osservandola meglio ho notato sulla base del piatto una scritta: “Memento audere semper”.
In un lampo mi sono ricordato di motosiluranti, di D’Annunzio, della beffa di Buccari, del Vittoriale, di Fiume, del Carnaro, di trasvolatori e di altri ammennicoli vagamente fascistoidi di cui credo si possa fare tranquillamente a meno.
Capisco che volessero significare: “Ricordati di osare sempre”, consiglio forse anche sensato ma che vale quel che vale sui campi di racchettoni, ma diavolo, prima di scrivere certe cose su di una racchetta informatevi anche su quello che possono evocare, sul loro significato “secondo”! 
E quindi ho comprato l’altra racchetta, quella bianca e rossa. Senza neanche provarla.
Tanto per dire come sono fatto, e di quanto l’età mi renda sempre meno tollerante man mano che mi si allentano i freni inibitori. 
La mia nuova racchetta ci ha scritto sopra “white”, come il White Christmas di Bing Crosby, “carbon” come il carbone della Befana (sintetizzando così mirabilmente le due festività che rendono tutti felici), ed è firmata da Matteo Marighella: una garanzia.

E, vi garantisco, va benissimo: peccato solo che sia finita nelle mani di un cialtrone come me.

domenica 31 luglio 2011

un eroe dei nostri tempi - 2: fuga da Spinatraz

Poi finalmente la malattia è finita, e con tutte le cautele del caso ci siamo trasferiti a Spina. Dove mi sono ripromesso di sfuggire ai racchettoni, legandomi al lettino come Ulisse con le sirene. Ma prima ho fatto un salto nel mio nuovo ufficio, dove ho verificato come i facchini avessero piazzato tutti i pacchi del trasloco secondo l’innovativa disposizione denominata, in termini strettamente tecnici, “a culo in su”.
Ci penserò al mio ritorno, mi sono detto tra me e me, pur sapendo che il pensiero mi avrebbe tormentato per l’intero periodo delle ferie.
E prima ancora ho fatto una visita medica, per verificare che il malanno fosse risolto.
“Come va?”, mi ha chiesto la dottoressa.
“Meglio”, ho risposto.
Fine della visita, abile e arruolato. Ma prima di lasciarmi andare, consultando i vecchi referti, mi ha chiesto se avevo fatto la risonanza magnetica al “rachide lombare” (facendomi velatamente intendere, con uno sguardo complice, di ignorare il significato del termine).
“No”, ho risposto, “la farò ad inizio luglio”.
“Ah, bene, perché sa, lei è alto, e alle persone alte è facile che esca un’ernia… Ma cos’è, ha male anche lì davanti?”
“No, non ho male, poi le spiego…”
“Ah…”
“Eh…”

E siamo partiti per Spina. Vacanze zoppe ma pur sempre vacanze, nei primi giorni delle quali ho sperimentato cosa volesse dire “soffrire il supplizio di Tantalo”. Otto campi da racchettoni a disposizione, bel tempo, giocatori di primordine disponibili, ma oltre al disagio fisico che ancora mi tormentava, incombeva sospesa come una spada di Damocle sulla mia testa la velata minaccia di cosa mi avrebbe fatto la mia signora nel caso in cui io, osando giocare a racchettoni ancora convalescente, avessi avuto un anche pur leggera ricaduta: non solo mi avrebbe spennato, ma mi avrebbe anche passato sulla fiamma come si fa con i polli prima di metterli in pentola.
Viste le premesse, sulle prime sono stato piuttosto cauto, e sono rimasto sdraiato sul lettino con lo sguardo fisso ai campi e la lingua a penzoloni sulla sabbia. Poi pian pianino nella mia mente si è sviluppato un piano diabolico, grazie anche ai ricordi di quei film americani di genere carcerario ambientati nei più biechi penitenziari, ed in particolare alle vicende raccontate da Don Siegel nel magistrale “Fuga da Alcatraz”.


fuga da Spinatraz! Durante il primo tentativo, mentre cerco
di sbucare da una delle piastre in cemento della passerella

Quatto quatto ho raccattato materiali vari in riva al mare (ceppi di legno, meduse, polistirolo, alghe e reti), qualcosina ho fregato ai bimbi degli ombrelloni vicini (secchielli, palette, palloncini), e circospetto mi sono messo al lavoro.
Dopo poche ore di lavoro avevo pronti un pupazzo con le mie sembianze (anche più bello, secondo alcuni maligni), che ho piazzato sul lettino un po’ coperto dal telo, e un tunnel sotto la sabbia che secondo le mie intenzioni puntava dritto al campo numero 8.

dai, il pupazzo è venuto benino, ma io sono un po' meglio!

Al primo tentativo sono sbucato ai margini di un campo del Bagno Las Vegas, sono stato prontamente estratto dal tunnel per le orecchie dall’addetto ai lettini, preso per il coppino e scaraventato armi e bagagli oltre il confine tra i due bagni come un gatto randagio.
Al secondo tentativo sono spuntato dentro il casotto dei lettini, riuscendo a spaventare a morte gli addetti alla spiaggia, solitamente imperturbabili e loquaci come statue dell’isola di Pasqua, al terzo sotto un tavolino del bar del bagno Spina dove quattro pensionati attorniati dai loro fans stavano disputando la consueta partita di trionfo acrobatico (1).
Ho dovuto riesaminare tutti i calcoli di traiettorie e i piani di scavo e al quarto tentativo, dopo un ampio giro sotterraneo, sono sbucato – racchetta tra i denti -, a fianco del lettino di mia moglie… Che guardando un po’ stupita quel talpone spuntato dalla sabbia che tanto mi assomigliava, ha controllato subito il fagotto che c’era sul mio lettino (che anche per lei era meglio dell’originale!), ha fatto due più due, mi ha acchiappato per le orecchie (evidentemente la mania dell’estate), ha recuperato un guinzaglio, una catena e una ciotola d’acqua e mi ha legato al fungo di sostegno dell’ombrellone.
Fine della fuga.
Però non è giusto… A Clint Eastwood era andata meglio!

(1) - Il trionfo acrobatico è una particolare variante del tradizionale gioco di carte, praticata ai tavolini del Bagno Spina. Ne riparleremo in modo più circostanziato.

giovedì 5 maggio 2011

beati i perseguitati

Grazie alle preziose indicazioni strategiche del Presidente e complici anche le artriti delle nostre articolazioni che ci hanno ben presto reso insopportabile la permanenza nell’ambiente umido della torbiera (ormai noi tutti c’abbiamo un’età…), dopo neanche venti minuti ci hanno catturati, legati e appesi mani e piedi a delle pertiche.
E trasportati a spalla nella City, dove siamo subito stati rinchiusi della Torre di Londra, sorvegliati a vista dai Beefeater che il Presidente ha affermato di aver già visto ritratti sull’etichetta di alcune bottiglie di gin.
Neanche il tempo di chiudere il chiavistello che il Presidente ha iniziato a sbraitare le uniche due frasi in inglese che conosceva: “Merry Christmas!” e “Tie break!” (“Spina beach” non glie l’abbiamo data per buona), e ha cominciato a battere i pugni sul portone della cella chiedendo di parlare personalmente con la regina Vittoria o, in alternativa, con re Artù.
Per dargli man forte, il consulente legale, dando fondo alle sue scarse conoscenze di inglese, ha iniziato a strillare “The book is on the table!”, mentre noi tutti cantavamo sguaiatamente “Yellow submarine”.
Insomma, un casino tale che ad un certo punto abbiamo intravisto il fantasma di Anna Bolena che, testa sottobraccio, se ne è uscita dalla cella attraversando il muro, visibilmente seccata.
Poi all’improvviso il Presidente ha avuto l’intuizione.
Memore di quanto confidatogli durante la cerimonia di nozze dalla sorella della sposa, Pippa (quando l’abbiamo vista entrare nell’abbazia abbiamo esclamato tutti all’unisono “Mo pippa!” e lei, credendo che la conoscessimo, ci ha subito benvoluti), ha fatto allusivamente capire ai nostri carcerieri di conoscere la destinazione del viaggio di nozze degli sposi (che con la proverbiale spocchia della casa reale, hanno prenotato due lettini ed un ombrellone al Bagno Las Vegas per la prima settimana di maggio). E costoro, consultato il Foreign Office, per evitare complicazioni ci hanno scarcerati a patto che non rivelassimo nulla di quanto sapevamo.
Scaraventati fuori dalla Torre di Londra, com’è e come non è, nel giro di poche ore siamo stati recapitati in prossimità del nostro nuovo obiettivo: Roma, per la beatificazione di Papa Wojtyla.
Giusto il  tempo di abbigliarci in maniera consona alla cerimonia, che abbiamo cominciato ad avvicinarci a piazza San Pietro. 

il team, mirabilmente abbigliato per la storica cerimonia

Ma all’improvviso è successo l’imprevisto: non appena ci siamo incanalati tra la folla in via della Conciliazione, forse per colpa di una foto di Papa Roncalli pubblicata sul blog e probabilmente mal digerita dalle gerarchie ecclesiastiche, è scattata una task force vaticana: le Guardie Svizzere, alabarde alla mano e spalleggiate da un nugolo di cardinali inferociti, hanno cominciato ad inseguirci costringendoci a risalire come salmoni la corrente dei pellegrini che sciamava verso piazza San Pietro. Per alleggerire la situazione abbiamo cominciato a lanciare alle guardie svizzere alcuni pezzi di emmenthal, di cui sapevamo quanto fossero ghiotti, ma la schiera di cardinali, roteando degli incensieri sopra le loro teste come fossero bolas, ci ha ricacciati ben presto oltre Castel Sant’Angelo.
Per cui, cerimonia mancata: i dannati del beach tennis esclusi dallo storico evento per l’opposizione del Vaticano che però ha avuto il coraggio di tollerare la presenza, dopo tutto quello che ha combinato, di un Berlusconi che si è addirittura addormentato durante il rito!

mica giusto, lui si e noi no!

Ma riflettendo sull’accaduto, seduti attorno ad un tavolo di un’osteria di Trastevere, abbiamo concluso che chi non ci vuole, non ci merita.
Vorrà dire che aspetteremo pazienti la beatificazione dell’altro grande polacco della storia: Zbigniew Boniek.

magari ci sarà un tantino da aspettare, ma noi abbiamo pazienza...

giovedì 23 dicembre 2010

la pallina cometa

Dopo il solstizio d'inverno, appena passato il giorno più buio degli ultimi quattrocento anni (durante il quale hanno accuratamente evitato di approvare la riforma dell'Università: sarebbe stato troppo facile farci su dell'ironia), il sole riprende a pedalare e finalmente i giorni ricominciano ad allungarsi.

Buon segno!

Messaggera di speranza e gioioso riferimento per i beachtennisti rabbuiati dal grigiore invernale, la pallina cometa ci guida verso est, verso la costa, sul mare, in un punto imprecisato della spiaggia tra il Bagno Granchio e il Bagno Las Vegas, dove ci accoglieranno tintinnanti le renne comacchiesi - dalle caratteristiche corna a forma di anguilla marinata - che, volando sopra le nostre teste nel cielo stellato, sganceranno di tutto tranne che doni (ma pazienza, di questi tempi dobbiamo saperci accontentare).

Comunque sia, coraggio!
E tanti auguri, anche di buon Natale.

 


domenica 10 ottobre 2010

la volpe e la lepre

10.10.10
Come vi avevo accennato circa un anno fa, questa è una data da ricordare; il giochino durerà ancora un paio di anni, poi ciccia.
Per festeggiare, oggi siamo andati a Spina ad inaugurare il campo invernale da beach tennis - gentilmente predisposto dal miglior imprenditore balneare degli ultimi 150 anni, che ringraziamo di cuore per la cortesia e l'attenzione.


La giornata è stata notevole, calda e soleggiata: l'atmosfera era rilassata e abbiamo giocato con una certa serenità, senza quell'agonismo esasperato e quella voglia di primeggiare che ha sempre contraddistinto tutti i membri del nostro Team.

Tuttavia ci sono due notizie da dare.
La prima è che per quest'anno il Badile d'Oro non verrà assegnato. A causa del buonismo imperante, nessuno si è espresso, e anche oggi sul campo non ci sono stati acuti tali da poterlo assegnare a furor di popolo, per cui tutto è rimandato al 2011, anno in cui però si prevede una lotta furibonda.
La seconda è che il mio storico socio di beach tennis ha fatto "outing", dichiarando - alla fine di uno scambio serrato nel corso di una partita - di "essere veloce come una volpe".
Al che la mia signora, donna di sani e solidi principi, ha ribattuto che secondo la tradizione popolare uno poteva al massimo ritenere di essere "veloce come una lepre", in quanto peculiarità della volpe era di essere furba, piuttosto che veloce...

 la mia signora in azione; dietro, la velocissima volpe

Ma dopo una stringente discussione, nessuno dei due ha cambiato idea.
Per cui il sorprendente e doloroso esito è stato che il mio socio è rimasto effettivamente convinto di essere - beachtennisticamente - "veloce come una volpe e furbo come una lepre".
E in quel preciso istante io ho cominciato a capire tante, ma tante cose...

mercoledì 14 luglio 2010

quando il mercato non gira (il ritorno dei rami secchi)

Non c’è stato niente fa fare, ce li hanno rispediti indietro.
Come raccontavamo qualche post fa, per motivi congiunturali (e per raggiungere obiettivi più ambiziosi, con l’ingaggio di giocatori di fama), il Team si è scisso, creando una bad company in cui sono stati fatti confluire alcuni rami secchi che sono stati rapidamente ceduti ai bagni vicini.


Ma già la sera dopo il Presidente se li è ritrovati, tremanti e avviliti, avvolti nei loro asciugamani da spiaggia, nel sottoscala di casa sua. E in quel momento ha intuito che il problema era più complesso di quanto previsto.
La mattina seguente, dopo la consueta lettura degli annunci economici sulla stampa locale, si è consultato con i suoi più stretti collaboratori. Dalle fertili menti è scaturito un primo, sofisticato piano: lo scambio.
In pratica il ramo secco che era stato ceduto al bagno Corallo è stato reindirizzato al bagno Bussola, e viceversa.
Lo stratagemma ha funzionato per un solo pomeriggio; prima di cena il Presidente se li è ritrovati nuovamente che bivaccavano nel sottoscala.
Dopo alcune frenetiche telefonate, è stato partorito un secondo geniale piano: abbiamo tolto barba, baffi e occhiali al primo, li abbiamo applicati all’altro e li abbiamo rispediti via entrambi, sperando che il camuffamento sortisse un qualche effetto.
Come dei boomerang sono ritornati alla base dopo mezz’ora.
Ormai alla disperazione, li abbiamo presi, avvolti in fasce come dei neonati, messi in una cesta di vimini e spinti di nascosto sul bagnasciuga davanti al bagno Las Vegas, come Mosè sul Nilo. Il risultato è stato che sotto al cordiale cartello che ricordava che “L’utilizzo dei campi è riservato ai clienti del bagno Las Vegas”, il gestore del bagno ha aggiunto le foto delle loro facce, barrate con una croce.
Chissà cosa avrà mai voluto dire…
Seguendo poi il rumore di alcuni gemiti soffocati, a stento siamo riusciti a recuperarli, il primo dal cestone della raccolta differenziata della plastica, il secondo da quello dell’umido riciclabile.
Ma ormai non sapevamo più che fare.
Come ultimo tentativo, il Presidente li ha portati la mattina presto a Porto Garibaldi, li ha fatti sdraiare ciascuno dentro ad una cassetta di polistirolo, li ha coperti con quattro spalettate di ghiaccio tritato e li ha messi sul nastro trasportatore del mercato ittico locale dicendo loro: “Mi raccomando, occhietto vispo e muovetevi un po’, così sembrate vivi!”
Cosa peraltro che tanti di noi gli avevano già raccomandato quando stavano piantati, imperterriti, sui campi da beach tennis.
E se lo avessero fatto, forse non sarebbero finiti così.
Ma anche lì, niente. Hanno girato per ore sul nastro trasportatore, senza che nessuno facesse un’offerta. Il Presidente ha sperato fino all’ultimo nell’incaricato di una friggitoria cinese di Ponte Maodino, a cui aveva magnificato quanto i turisti del litorale comacchiese amassero il sushi di merluzzo, ma non c’è stato niente da fare, alla fine ha preferito comprare una cassetta di meduse.
Invenduti.
Eh, purtroppo quando il mercato è fermo e le iniziative brillanti vengono boicottate, non c’è spazio altro che per ansie e preoccupazioni!

 ma nonostante tutto, il Presidente resta sereno.

venerdì 9 luglio 2010

un duro lavoro...

Generalmente da noi il problema è il quarto. In Sardegna no, il quarto c’era (ero io), il problema erano gli altri tre.
Torno da una settimana di vacanza trascorsa sulla costa di fronte all’isola di Tavolara, passata principalmente a valutare l’attitudine delle spiagge sarde alla pratica del gioco del beach tennis. Un lavoro duro, ma qualcuno lo doveva pur fare.

 
i due inviati del Team al lavoro per voi!
  
In Sardegna si pratica un beach tennis primordiale, direi quasi nuragico. Le attrezzature sono ancora rudimentali, si va dalle racchette in sughero a quelle composite, in bottarga e pane carasau; le palline utilizzate sono in pelle di porceddu e solo negli ultimi tempi sono comparse delle palline mid in pecorino semistagionato.

Anche l’utilizzo da parte dei giocatori dello smanicato in pelle di pecora, utile quando batte il maestrale ma che li fa apparire buffe parodie dei mamutones, non conferisce il giusto appeal al gioco. Tuttavia il vero problema è quello dei campi; il territorio aspro e selvaggio, con spiagge compresse tra il mare e gli stagni, non agevola di certo il decollo dello sport.

la natura della Sardegna: selvaggia e matrigna

Oltretutto il tipico affollamento estivo e le stravaganti abitudini dei villeggianti di riversarsi sulle spiagge anziché visitare, che ne so, il Supramonte, non solo scoraggiano la pratica del beach tennis, ma disturbano anche la ricerca di quel riposo psicofisico necessario dopo i tanti weekend passati sui campi del Lido di Spina, di quel relax che deriva semplicemente dal godersi il mare e la spiaggia. L’atteggiamento di certe categorie di turisti merita poi una particolare attenzione.

I tedeschi, ad esempio: non so se siano così di natura o se non arrivino proprio a capire le cose. Un po’ come gli ingegneri (e non oso pensare a come possano essere gli ingegneri tedeschi).
Cala Brandinchi, spiaggia soprannominata Tahiti, un carnaio già alle dieci di mattina. Guadagniamo miracolosamente uno spazio a quattro metri dalla riva e non facciamo in tempo a stendere gli asciugamani che si piazzano davanti a noi due tedeschi con due bambini piccolissimi. Iniziano a montare una tenda che, vista di fronte, sembrava la bocca del forno della strega di Hansel e Gretel, e da dietro era identica alla tenda di Rommel ad El Alamein.


Subito dopo, con secchielli, palette e stampini vari, in quattro e quattr’otto edificano con la sabbia un modello in scala 1:50 del Reichstag, precludendoci definitivamente la vista del mare. 
 
Non mi dilungherò poi sul gonfiaggio del canotto a forma di Panzer con il quale i due adulti si sono lanciati tra le onde nel tentativo – credo – di invadere la Polonia via mare, mentre i due bimbi cuocevano a fuoco lento nella bocca del forno.

Neppure il tempo di realizzare quanto accaduto che, pochi istanti dopo, nell’ultimo metro quadrato di spiaggia libero, si sdraiano a pochi centimetri da noi altri due individui di razza germanica, che in pratica si impadroniscono del nostro uovo prossemico e se lo divorano dopo averlo cucinano a la coque.

Per alleggerire la situazione, ci avviciniamo alla riva e tentiamo di entrare in acqua. Non so dire quanto sia freddo l’azoto liquido, ma secondo me c’eravamo abbastanza vicini.

 la vostra inviata avvista un pesce: era un raro esemplare di bastoncino di merluzzo

Quando realizzo di aver assunto una colorazione della pelle sufficientemente livida, decido di uscire, mi stendo al sole e visto che mi era inibita la pratica del beach tennis e precluso l’accesso al mare, mi dedico all’analisi dell’ambiente e del comportamento degli individui nel contesto naturale.  
L’osservazione della corpulenta femmina della coppia ultima arrivata, del suo modo di rotolarsi nella sabbia e di sguazzare nell’acqua, mi ha fatto riflettere sul motivo per cui gli abitanti locali hanno l’abitudine di attribuire agli anfratti costieri il toponimo di “Grotta del bue marino”.

 a destra, il bue marino unge il suo compagno col grasso secreto dalle proprie ghiandole sudoripare;
 a sinistra un suggestivo scorcio del plastico del Reichstag

Una più attenta riclassificazione della specie mi ha poi persuaso che l’esemplare esaminato non fosse una femmina di bue marino, pur possedendone oggettivamente tutte le caratteristiche, ma semplicemente un esemplare – abbastanza comune – di Teutone Invadente (frangiballe alemanica molesta).

 anonimo anfratto della costa; se una tedesca ci nuoterà davanti,
prenderà il nome di "Grotta del Bue Marino"
 
Oltre alle valutazioni di ordine beachtennistico, anche lo studio degli aspetti naturalistici locali e l’osservazione della fauna era un obiettivo di questa faticosa trasferta.  
Alcuni amici appassionati del genere mi avevano incidentalmente raccomandato lo studio degli esemplari di una particolare specie che pare alligni in questo periodo sulle coste sarde: la Gnocca Imperiale (melatirus vanesia).
Affermazione naturalmente rivelatasi imprecisa: magari migrerà più avanti, dalla metà di luglio in poi, ma qui, a fine giugno, della Gnocca Imperiale non abbiamo trovato traccia. Al momento ce ne sono sicuramente di più da noi, sulla costa adriatica. Ho avuto invece modo di osservare alcuni esemplari di Gnocca Discreta (melatirus domestica), ma gran  parte della costa sarda  in questo periodo dell’anno pullula di stormi di Buzzicona Tatuata (melatirus impropria), di Buzzicona dalla Gamba Corta (chiappona rasoterris) e di Buzzicona Urlante (riconoscibile del tipico richiamo verso i cuccioli della sua stessa specie: “Nicholasvienisubitofuoridallacquaaltrimenticometihofattotiammazzo!”). Sono tutte specie provenienti dall’altra sponda del Tirreno, migratrici stagionali, che dopo una breve traversata nidificano in queste zone generalmente per un paio di settimane.
 
... 

Dopo alcuni giorni, mi sono sentito in dovere di informare il Presidente della situazione riscontrata sull’isola; mi ha ascoltato pazientemente, e alla fine  – con il piglio e l’autorità morale che tutti gli riconosciamo – mi ha dato disposizioni perentorie: “Niente beach tennis? Niente Gnocca??? Allora piantala di buttare via tempo e denaro, e ritorna immediatamente alla base!”

... 

A testimonianza del lavoro svolto, eccovi il poderoso apparato iconografico prodotto:

 
il vostro inviato studia la spiaggia della Cinta: parzialmente idonea alla pratica del beach tennis…

 
… non fosse per i temibili ciottoli che la infestano!

si studiano le rudimentali forme di beach tennis ivi praticate…

 … e le rozze attrezzature disponibili

il vostro inviato testa la pelle di porceddu, utilizzata nella produzione di palline…

… spronato dall’entusiasmo scientifico manifestato dalla sua compagna

 Spiaggia dell’Isuledda: inidonea alla pratica del beach tennis

il vostro inviato nei pressi dell’isola di Tavolara, mentre valuta la possibilità di giocare un beach tennis abbinato al free climbing: ipotesi bocciata

 il vostro inviato, orfano dei racchettoni, si dedica alla sua antica passione: l’architettura.

si scruta l’orizzonte, alla ricerca della Gnocca Imperiale.
Nel frattempo, vista l’inidoneità delle spiagge alla pratica del beach tennis,
si studia il modo di trasferire il mare sardo sul litorale ferrarese

la geniale soluzione: questa gigantografia verrà installata davanti al tratto di mare compreso tra il bagno Granchio e il bagno Las Vegas!

 stremato dalla sconfortante ricerca, al vostro inviato sfugge forse l’unico esemplare di Gnocca Imperiale

 
il Presidente ci ha richiamato:
l’ultima foto, prima di chiudere la valigia 




sabato 29 maggio 2010

una nuova racchetta per un vecchio leone

Arrivato in spiaggia, come al solito neanche il tempo di appendere lo zaino all’ombrellone che sento urlare dall’altra parte della passerella: “Sono pronto!”.
Annuisco salutandolo. E’ un vecchio leone del beach tennis, che sfodera per l’occasione una racchetta nuova.
Prima di arrendersi alla modernità, per anni e anni ha insistito a giocare con quella che un po’ tutti consideravamo lo Stradivari delle racchette. 




Era un racchettone di legno autoprodotto, in compensato multistrato di abete della Val di Fiemme e rovere di Slavonia, assemblato con collanti segretissimi (si vocifera addirittura che sia stata utilizzata la leggendaria coccoina, ma non si esclude a priori anche l’uso del vinavil), realizzato con il seghetto ad arco del traforo e con un Black&Decker con punta del 12. Qualcosa di simile l’avevo vista solo in una baita tirolese, e serviva come tagliere per lo speck. Pare che l’ideazione e la realizzazione di quella racchetta sia stata il frutto del lavoro sinergico di più menti, il suo vecchio gruppo di amici tutti provenienti dal bagno Las Vegas: un uomo solo non sarebbe mai potuto giungere a tanto. La sua caratteristica peculiare era il rumore secco che si produceva nell’impatto con la palla, simile a quello di un femore che si frattura. D’altra parte l’attrezzo era stato testato prima con granate a frammentazione dell’US Army, poi con palle incatenate Dunlop da otto libbre utilizzate da John Newcombe a Wimbledon nel ’67. Le vibrazioni che trasmetteva al braccio erano assimilabili a quelle di un martello pneumatico, e qualcuno racconta addirittura di aver visto la racchetta, appoggiata su di un tavolino del bagno, vibrare da sola come un cellulare con il vibracall. Ci sono poi leggende su di un suo utilizzo paramedico per la riduzione della cellulite, oltre che per innominabili pratiche erotiche sulle quali non ci dilungheremo.
Il tempo di spogliarmi, di spalmarmi l’antivegetativo per togliere il colore verde muschio dalla pelle, di mettere la protezione solare e sono sul campo.
La sua nuova racchetta, che non conoscevo, è una Tom Caruso della nuova collezione. Modello “Corleone”, credo, dalla tipica impugnatura a lupara. Bianca.
Beh, l’abbiamo lasciato vincere. D’altronde gli ultimi che hanno osato sconfiggere il possessore di una racchetta Caruso, rientrando a casa nottetempo, si sono ritrovati una testa di cavallo mozzata sullo zerbino.
Alla fine dei tre set, stravolto ma felice per la vittoria, ci ha raccontato che quella mattina stessa aveva corso per 15 chilometri, perché sta preparando la mezza maratona. Mezz’ora dopo l’ho incrociato mentre risaliva la passerella, orgoglioso di aver fatto un lungo bagno nelle acque gelide dell’Adriatico.
Nel pomeriggio però non l’abbiamo visto.

Speriamo bene.

venerdì 15 gennaio 2010

rettifiche al post e risposte alla posta

Per evitare il risentimento di gente permalosa, rettifico alcune cose dell’ultimo post:

1) il gestore dell’agenzia d’aste d’arte “L’Ariete” non è l’uomo dalla “esse” più sonora dei Lidi, ma un fine dicitore dalla voce sexy e profonda, degno erede di Alberto Lupo;

2) il Presidente non è stato spacciato per una raffinata statua del Buddha dormiente, ma per una pregiata copia tardo ellenistica del Discobolo di Mirone;

copia romana della celebre statua del discobolo di Mirone

la raffinata copia del discobolo di Mirone battuta alla casa d'aste "L'Ariete"

3) la cifra di aggiudicazione è stata dichiarata in 12 euro e mezzo esclusivamente per motivi fiscali: in realtà si vocifera di un importo enormemente superiore;

4) i membri del team che si sono aggiudicati l’asta non erano vestiti da bonzi tibetani, bensì da guerrieri achei;

5) i due protagonisti della disavventura sulle nevi non sono anziani membri del team, ma giovani e vigorosi “membri anziani del team”: praticamente una carica onorifica;

6) la “Arbeit Zimmerfrei” non è una casa di riposo, ma la più esclusiva “beauty farm” della zona, gli assistenti sociali erano giovani massaggiatrici geishe e i rottweiler dei pechinesi, per di più castrati.

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Qualche sorpresa nella posta elettronica.

Si è rifatto vivo dopo tanto tempo uno dei desaparecidos (se non vi ricordate, guardate qui) - il più corpulento del gruppo - che, dopo averci fatto gli auguri, auspicava che ci si potesse “reincontrare magari su un campo neutrale...direi presso i campi del  B. Las Vegas tanto per intristirci tutti un pò..!!”.

Io direi che potremmo reincontrarci dietro il bagno Las Vegas, all’alba, assistiti dai padrini: scegli tu l’arma, basta che non sia una forchetta, (ovviamente, con quella saresti imbattibile…).

E poi comunque dobbiamo smetterla con queste facili ironie sul bagno Las Vegas.  Non è un bagno triste o inospitale, ma solamente un bagno riservato. Sempre per  e-mail, una delle tre migliori giocatrici degli ultimi 150 anni mi ha mandato una foto, che casca a fagiolo.

in primo piano, un membro del team sorveglia le evoluzioni del gabbiano, che pare intenzionato a sganciare sui campi; sullo sfondo deserto, il bagno Las Vegas 

Come noterete, dietro si vede una rete del Las Vegas con due curiosi cartelli appesi ai  lati;

l'ingrandimento rivelatore!

ingrandendo si evidenzia la cordiale scritta di benvenuto: “L’utilizzo dei campi è riservato ai clienti del bagno Las Vegas”, a cui una vile mano ignota ha però misteriosamente aggiunto, tra le parole “ai” e “clienti”, il numero “3”. Come a rimarcare, tra i giocatori di beach tennis del suddetto bagno, la costante e cronica assenza di un quarto. 

Si vede che lì, come dicevano i latini, “quartum non datur”.

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Se qualche lettore di questo blog volesse poi dare una mano alla popolazione di Haiti, può donare 2 euro per ogni  SMS inviato al numero 48541 dai cellulari Tim e Vodafone, o anche da rete fissa Telecom Italia.

Grazie.

lunedì 30 novembre 2009

Il campo (2)

Per placare l'ansia degli aficionados, ecco la seconda parte della disamina sui campi da beach tennis. 

il campo-2                                                                                                                                     

venerdì 18 settembre 2009

il contesto

E’ venuto il momento di contestualizzare un po’ l’ambiente, di dare alcune indicazioni a chi non lo conoscesse.
Il centro di tutto è il Bagno Spina, o Spina Beach 48 come enfaticamente recita il cartello all’ingresso, gestito da Carla e Nazzareno (che vedete ritratto nell’ultima foto del penultimo post).
Esso confina a nord con il Bagno Granchio (o Granchio Beach 47, neanche fossimo in California), e a sud con il Bagno Las Vegas (eddai, neanche fossimo in Nevada).
Di cosa ci sia oltre, il normogiocatore di beach tennis sa ben poco; nomi come Malua, Kursaal, Eden, suonano alle sue orecchie come irraggiungibili luoghi esotici, misteriosi e leggendari un po’ come Timbuktù, Shangri-La o El Dorado.

mappa  

I rapporti istituzionali tra i bagni appaiono piuttosto freddi, quando non ostili.
E recenti migrazioni di clienti da un bagno all’altro non hanno certo contribuito ad un miglioramento di tali rapporti. Sporadiche fughe di clienti nei bagni vicini, attratti dalle sirene della sopravvalutata “pizza della Franca” da una parte o dal miraggio di poter utilizzare un campo da beach tennis libero dall’altra, sono mal tollerate dei gestori. 
Succede talvolta che taluni personaggi di clan familiari, malamente fuoriusciti dallo Spina negli scorsi anni, si presentino ostentatamente a giocare sui campi (forti naturalmente di un invito); in tal caso, per evitare spiacevoli incidenti diplomatici, membri dello staff prelevano prontamente Nazzareno, che viene sedato, legato ad una sedia, imbavagliato e rinchiuso – schiumante di rabbia - in cucina almeno fino a quando gli invasori non se ne vanno.
E’ anche successo che clienti dello Spina, avventuratisi sui campi del Bagno Las Vegas, siano stati brutalmente scacciati. Posso però testimoniare che i poveretti non erano andati per occupare un campo, bensì per allontanare gli stormi di corvi che non solo erano appollaiati tutti in fila sui nastri del net, ma stavano addirittura nidificando sui pali di sostegno delle reti, invogliati dalla pace e specialmente dalla solitudine del luogo. 

Nella mappa trovate poi alcuni riferimenti che è opportuno spiegare.
Il primo è lo Spritz.
Il fiume Spritz nasce dal bancone del bar del Bagno Spina. E’ un fiume misterioso, carsico, a carattere torrentizio e a portata variabile. La sua portata difatti è nulla per la maggior parte della giornata, ed è massima dalle ore 18 fino all’ora di cena. Invece di sfociare da qualche parte, come tutti i fiumi perbene, esso scompare, inghiottito misteriosamente assieme a patatine fritte, olive e stuzzichini vari.
Il secondo è il mare.
Si narra che in fondo alla passerella ci sia un qualcosa, una massa liquida maleodorante, che gli indigeni impauriti chiamano, sottovoce, “mare”. Questo luogo piuttosto inverosimile, ammesso che esista, è comunque del tutto sconosciuto ai giocatori di beach tennis, convinti che sia un’altra delle tante storie frutto di fantasie e  superstizioni popolari.