mercoledì 22 febbraio 2012

della mia nuova racchetta e dell'importanza del potere evocativo delle frasi

Incurante del fatto che il carnevale fosse finito e che oggi fosse il primo giorno di Quaresima, nel pomeriggio mi sono travestito da giocatore di beach tennis e mi sono presentato allo Stop and Go per la tradizionale partita del mercoledì con i dannati del CRAL.
E lì ho misurato la distanza tra l’essere e il voler apparire, tra il mascherarsi per negare se stessi e l’illusione di poter diventare altri, almeno per un attimo.
Se uno si traveste da Zorro non è che improvvisamente gli compare di fianco il servitore Bernardo e il cavallo nero che nitrisce e s’impenna, e possa quindi andare in giro impunemente a saettare delle zeta con la spada sul fondoschiena del sergente Garcia raddrizzando torti, no… Se uno si traveste da Zorro, rimane il pirla di sempre. Anzi, vestito da Zorro risulta persino un pirla più grande.

E questo è esattamente quello che mi è successo oggi, che ormai mi succede da tanto tempo, e che continuerà a succedermi per un bel pezzo, almeno finché il fisico mi reggerà. 
Avrete forse intuito come la mia prestazione beachtennistica, come al solito, non sia stata esaltante…

Tuttavia sono felicissimo della mia nuova racchetta, da poco acquistata.

e per dimostrare che non siamo noi che non ci meritiamo le cose, 
ma sono le cose che non si meritano noi,
ecco qui la mia nuova, rutilante racchetta

Degna erede della mia vecchia Vision, è una racchetta che praticamente gioca da sola. Anzi, da sola gioca meglio di quanto non giochi assieme a me, per dire, e quindi l’anello debole della coppia - se proprio si volesse fare la punta ai chiodi - sarei io. E’ una dei due modelli di punta della scorsa estate, ça va sans dire, ho solo questo vizio e potrò pur cavarmi una qualche voglia ogni tanto…
L'altra di questi due modelli di punta, quella bianca e azzurra firmata da Alex Mingozzi, l’avevo provata sui campi del bagno Las Vegas: andava benissimo, secca, potente e maneggevole, e dopo pochi minuti mi ero già convinto di andarla a comprare. 

Sennonché…

Osservandola meglio ho notato sulla base del piatto una scritta: “Memento audere semper”.
In un lampo mi sono ricordato di motosiluranti, di D’Annunzio, della beffa di Buccari, del Vittoriale, di Fiume, del Carnaro, di trasvolatori e di altri ammennicoli vagamente fascistoidi di cui credo si possa fare tranquillamente a meno.
Capisco che volessero significare: “Ricordati di osare sempre”, consiglio forse anche sensato ma che vale quel che vale sui campi di racchettoni, ma diavolo, prima di scrivere certe cose su di una racchetta informatevi anche su quello che possono evocare, sul loro significato “secondo”! 
E quindi ho comprato l’altra racchetta, quella bianca e rossa. Senza neanche provarla.
Tanto per dire come sono fatto, e di quanto l’età mi renda sempre meno tollerante man mano che mi si allentano i freni inibitori. 
La mia nuova racchetta ci ha scritto sopra “white”, come il White Christmas di Bing Crosby, “carbon” come il carbone della Befana (sintetizzando così mirabilmente le due festività che rendono tutti felici), ed è firmata da Matteo Marighella: una garanzia.

E, vi garantisco, va benissimo: peccato solo che sia finita nelle mani di un cialtrone come me.

martedì 21 febbraio 2012

palindromi

21.02.2012
Ennesima data palindroma.

Meno zoppa della precedente (l’11.11.11) e della prossima (il 12.12.12), quella di oggi è veramente una data palindroma, ed è stata come al solito caricata di grandi aspettative e di altrettanto poderose scemenze. Quasi che il presentarsi di una qualsiasi curiosa combinazione numerica del calendario riesca ad evocare nell’immaginario collettivo eventi che vanno dalla fine del mondo alla speranza di una rinascita, di un cambiamento radicale, dell’inizio di una nuova era.

Io, per verificare, oggi pomeriggio di nascosto da mia moglie che era fuori di casa, ho preso furtivamente pallina e racchettone nuovo e ho tirato alcuni colpi contro il muro del soggiorno. Direi che non è cambiato niente, a parte l’aver sporcato la parete: gioco male uguale a prima. Ma verificherò meglio domani sera, nel consueto mercoledì beachtennistico del CRAL.

Poi però, preso dal giochino dei palindromi tipo “ossesso”, “ovattavo” o “illesi piselli”, e incuriosito dal fatto che proprio oggi il nostro ex Premier avesse presentato il nuovo inno del suo partito, con i potenti mezzi informatici di cui dispongo ho scaricato il brano dalla rete e, memore di certi pezzi rock che ascoltati al contrario sembra nascondano chissà quali oscuri messaggi subliminali, ho ripetuto l'esperimento… Vuoi vedere che non sia palindromo anche quello! 
Non vi dico la mia sorpresa quando mi sono accorto che il nuovo inno del PDL - scritto dal suo Presidente e ascoltato all’incontrario, altro non si è rivelato che una sua completa confessione sulla corruzione dell’avvocato Mills, nonchè sul fatto che sapesse perfettamente che Ruby non era la nipote di Mubarak, bensì una non ho capito bene come l'avesse definita perché l’audio era un tantino rovinato.

Sull’onda dell’entusiasmo allora ho recuperato subito dopo un video girato l'estate scorsa sulla spiaggia di Spina, nel quale alcuni membri del Team (il Presidente, l’Amministratore Delegato, il Tesoriere e il Consulente Legale) giocavano a racchettoni: bene, il filmato visto all’incontrario era identico alla danza che i pellerossa Cherokee del Missouri eseguivano per invocare la pioggia.
Ho subito interrotto  la riproduzione del filmato, per non provocare mutamenti climatici irreversibili.
Ma la cosa più inquietante era che quei quattro, visti al contrario, giocavano pure meglio del normale!

sabato 4 febbraio 2012

piccoli accorgimenti per sopravvivere alle insidie della neve

“Poropoppoppero poppoppò!” canticchiava un mio collega ieri mattina in ufficio percorrendo il corridoio. E rivolgendosi alla mia quasi dirimpettaia, le ha detto garrulo “Sai, quando mi senti cantare i motivi sono due: o sono molto contento o sono molto incasinato, e direi che stamattina l’ipotesi è la seconda!” 
O sei molto rincoglionito, ho pensato io. Così, come terza possibilità.
Come divevano i latini, "tertium datur".

Colpa della bufera, che ci ha colpiti così, inaspettatamente, proprio in inverno.
Sì, la neve di questi giorni ha rotto proprio i coglioni, sia nelle attività di ufficio che nella sfera privata. In ufficio ho vissuto da spettatore il grande marasma per ripulire le strade e cospargerle di sale (mi sono trattenuto a stento dal mandare ad un collega che so che sporadicamente mi legge e che era pesantemente coinvolto nell’emergenza, un sms che diceva “Mi raccomando, sala poco che ti va su la pressione”), e nel privato per prima cosa mi ha fatto saltare il tradizionale mercoledì beachtennistico e poi, cosa peggiore, mi ha obbligato a farmi carico di alcune sgradevoli incombenze condominiali.

Mercoledì, all’apparire dei primi fiocchi, ho comprato in una vicina ferramenta una pala da neve. Sulle prime avevo pensato di utilizzare la mia vecchia Turquoise Black Death, scordandomi che già la stavamo utilizzando in casa come tagliere per i formaggi.

il mio nuovo attrezzo: quasi quasi, se accorcio
il manico e gli rifaccio l'overgrip...

E ho cominciato a ripulire il marciapiede di fronte a casa.
Ho spalato due metri cubi di neve e dodici cacche di cane, che hanno sporcato con strisciate immonde l’attrezzo nuovo di zecca di cui ero orgoglioso, e rovinato la poesia e l’incanto del momento. 
L’ho ripulita alla bell’e meglio, strisciando e sventagliando cacca sul manto bianco come Jackson Pollock durante un action painting; poi mi sono dedicato al cortiletto interno e alla fine ho sparso il sale dappertutto come Scipione sulle rovine di Cartagine dopo le guerre puniche.

Alla fine della rumba, il mio era l’unico marciapiede pulito e sghiacciato del quartiere, cosa molto apprezzata dai cani dei dintorni che hanno ricominciato immediatamente a cagarci sopra.
Penso che a breve mi consulterò con Archimede Pitagorico, o forse con Wile Coyote o direttamente con l’ACME che gli fornisce tutti i marchingegni, e installerò sul muro davanti al marciapiede una botola a scomparsa con dentro un forbicione collegato ad un pantografo che quando arriva un cane e accenna ad accucciarsi nella tipica posa, la prima volta guizza fuori e –zac! – una sforbiciata al pelo della coda dell’animale e –zac! – via una braga al padrone, poi la seconda volta, dovessero riprovarci, - zac! – un’altra spuntatina al pelo della coda della bestiola (perché in fin dei conti la colpa non è sua) e – zac! -, via una palla al padrone.

sulla destra il risultato del primo taglio,
sulla sinistra quello del secondo...

Oppure installerò sullo zoccolo intonacato di casa su cui gli amici a quattro zampe, tenuti al guinzaglio dai padroni che li guardano con benevola indulgenza, amano tanto segnare il territorio, un cavetto di acciaio come quelli che si adoperano negli impianti antipiccione, che appena si avvicina l’animale e accenna ad alzare la zampetta, - zot! – giù una scarica da ventimila volts che arriccia i peli uguale a cane e padrone. Così poi se ne vanno via a passeggio che fanno pendant.
E nello stesso tempo perfezioniamo anche l’odioso colorito che esibisce in questo periodo la maggior parte dei proprietari dei cani (almeno della mia zona), che complice evidentemente l’appena trascorsa settimana bianca sono tutti così abbronzati che sembrano in procinto di essere convocati dalla nazionale del Camerun.
Eh, miei cari, la guerra è guerra e non c’è nessuna pietà, quando la maleducazione impera.

Temendo poi che tutta quella neve minacciasse inoltre di paralizzare anche i prossimi impegni beachtennistici, per cautelarmi, non appena finito di spalare, sono andato a mettere in moto l’auto preoccupato dal fatto che il freddo potesse scaricare la batteria.
Poi l’ho ripulita dal cumulo di neve che la stava sommergendo e, trattenuto solo dalla constatazione che le dita delle mie mani erano ormai color fucsia, ho pensato (ma solo pensato) di montare le catene…
L’ultima volta che ho tentato di farlo, per liberarmi hanno dovuto chiamare un fabbro. Ero talmente avviluppato da quella ferraglia che sembravo Antony Quinn che interpretava Zampanò, quello che faceva saltare le catene gonfiando il petto nel film “La strada” di Federico Fellini.
Il fabbro, tra l’altro, mentre cercava di districarmi dal complicato groviglio, mi ha leccato un orecchio convinto di trovarsi nel mezzo di un festino sadomaso. Quando gli ho spiegato che non era così, se n’è andato un po’ deluso.  E senza farmi la fattura.

Nonostante tutto venerdì sera sono riuscito ad andare a giocare. Da due settimane mi sono reso disponibile come tappabuchi e per due venerdì consecutivi mi hanno chiamato. Neanche a fare il quarto, bensì a fare l’ottavo (!), e così nella girandola dei set ho giocato con quattordici persone diverse…
Ormai ho dato il mio numero di telefono a destra e a manca: sto diventando il più grande puttanone dello Stop and Go.

E domani – forse – riuscirò a disputare il tante volte programmato e altrettante volte rimandato match con la più autorevole candidata al (purtroppo mai assegnato) Badile d’Oro 2010 e con una sua - altrettanto preannunciata ma mai vista – amica: mitica creatura avvolta dal mistero, un po’ come lo yeti - su cui ci sono solo leggende, presunti avvistamenti, tracce, ma sostanzialmente nulla di concreto. 
Se dovesse saltare la partita anche questa volta, credo che dovremo rinunciare definitivamente. Perchè forse allora dovremo davvero rassegnarci al fatto che gli dei ci sono contrari, e non vorrei mai che insistendo in questo folle progetto non rischiassimo di far cadere, oltre che tutta questa neve, anche quel meteorite che distruggerà definitivamente la vita sulla Terra.