venerdì 9 luglio 2010

un duro lavoro...

Generalmente da noi il problema è il quarto. In Sardegna no, il quarto c’era (ero io), il problema erano gli altri tre.
Torno da una settimana di vacanza trascorsa sulla costa di fronte all’isola di Tavolara, passata principalmente a valutare l’attitudine delle spiagge sarde alla pratica del gioco del beach tennis. Un lavoro duro, ma qualcuno lo doveva pur fare.

 
i due inviati del Team al lavoro per voi!
  
In Sardegna si pratica un beach tennis primordiale, direi quasi nuragico. Le attrezzature sono ancora rudimentali, si va dalle racchette in sughero a quelle composite, in bottarga e pane carasau; le palline utilizzate sono in pelle di porceddu e solo negli ultimi tempi sono comparse delle palline mid in pecorino semistagionato.

Anche l’utilizzo da parte dei giocatori dello smanicato in pelle di pecora, utile quando batte il maestrale ma che li fa apparire buffe parodie dei mamutones, non conferisce il giusto appeal al gioco. Tuttavia il vero problema è quello dei campi; il territorio aspro e selvaggio, con spiagge compresse tra il mare e gli stagni, non agevola di certo il decollo dello sport.

la natura della Sardegna: selvaggia e matrigna

Oltretutto il tipico affollamento estivo e le stravaganti abitudini dei villeggianti di riversarsi sulle spiagge anziché visitare, che ne so, il Supramonte, non solo scoraggiano la pratica del beach tennis, ma disturbano anche la ricerca di quel riposo psicofisico necessario dopo i tanti weekend passati sui campi del Lido di Spina, di quel relax che deriva semplicemente dal godersi il mare e la spiaggia. L’atteggiamento di certe categorie di turisti merita poi una particolare attenzione.

I tedeschi, ad esempio: non so se siano così di natura o se non arrivino proprio a capire le cose. Un po’ come gli ingegneri (e non oso pensare a come possano essere gli ingegneri tedeschi).
Cala Brandinchi, spiaggia soprannominata Tahiti, un carnaio già alle dieci di mattina. Guadagniamo miracolosamente uno spazio a quattro metri dalla riva e non facciamo in tempo a stendere gli asciugamani che si piazzano davanti a noi due tedeschi con due bambini piccolissimi. Iniziano a montare una tenda che, vista di fronte, sembrava la bocca del forno della strega di Hansel e Gretel, e da dietro era identica alla tenda di Rommel ad El Alamein.


Subito dopo, con secchielli, palette e stampini vari, in quattro e quattr’otto edificano con la sabbia un modello in scala 1:50 del Reichstag, precludendoci definitivamente la vista del mare. 
 
Non mi dilungherò poi sul gonfiaggio del canotto a forma di Panzer con il quale i due adulti si sono lanciati tra le onde nel tentativo – credo – di invadere la Polonia via mare, mentre i due bimbi cuocevano a fuoco lento nella bocca del forno.

Neppure il tempo di realizzare quanto accaduto che, pochi istanti dopo, nell’ultimo metro quadrato di spiaggia libero, si sdraiano a pochi centimetri da noi altri due individui di razza germanica, che in pratica si impadroniscono del nostro uovo prossemico e se lo divorano dopo averlo cucinano a la coque.

Per alleggerire la situazione, ci avviciniamo alla riva e tentiamo di entrare in acqua. Non so dire quanto sia freddo l’azoto liquido, ma secondo me c’eravamo abbastanza vicini.

 la vostra inviata avvista un pesce: era un raro esemplare di bastoncino di merluzzo

Quando realizzo di aver assunto una colorazione della pelle sufficientemente livida, decido di uscire, mi stendo al sole e visto che mi era inibita la pratica del beach tennis e precluso l’accesso al mare, mi dedico all’analisi dell’ambiente e del comportamento degli individui nel contesto naturale.  
L’osservazione della corpulenta femmina della coppia ultima arrivata, del suo modo di rotolarsi nella sabbia e di sguazzare nell’acqua, mi ha fatto riflettere sul motivo per cui gli abitanti locali hanno l’abitudine di attribuire agli anfratti costieri il toponimo di “Grotta del bue marino”.

 a destra, il bue marino unge il suo compagno col grasso secreto dalle proprie ghiandole sudoripare;
 a sinistra un suggestivo scorcio del plastico del Reichstag

Una più attenta riclassificazione della specie mi ha poi persuaso che l’esemplare esaminato non fosse una femmina di bue marino, pur possedendone oggettivamente tutte le caratteristiche, ma semplicemente un esemplare – abbastanza comune – di Teutone Invadente (frangiballe alemanica molesta).

 anonimo anfratto della costa; se una tedesca ci nuoterà davanti,
prenderà il nome di "Grotta del Bue Marino"
 
Oltre alle valutazioni di ordine beachtennistico, anche lo studio degli aspetti naturalistici locali e l’osservazione della fauna era un obiettivo di questa faticosa trasferta.  
Alcuni amici appassionati del genere mi avevano incidentalmente raccomandato lo studio degli esemplari di una particolare specie che pare alligni in questo periodo sulle coste sarde: la Gnocca Imperiale (melatirus vanesia).
Affermazione naturalmente rivelatasi imprecisa: magari migrerà più avanti, dalla metà di luglio in poi, ma qui, a fine giugno, della Gnocca Imperiale non abbiamo trovato traccia. Al momento ce ne sono sicuramente di più da noi, sulla costa adriatica. Ho avuto invece modo di osservare alcuni esemplari di Gnocca Discreta (melatirus domestica), ma gran  parte della costa sarda  in questo periodo dell’anno pullula di stormi di Buzzicona Tatuata (melatirus impropria), di Buzzicona dalla Gamba Corta (chiappona rasoterris) e di Buzzicona Urlante (riconoscibile del tipico richiamo verso i cuccioli della sua stessa specie: “Nicholasvienisubitofuoridallacquaaltrimenticometihofattotiammazzo!”). Sono tutte specie provenienti dall’altra sponda del Tirreno, migratrici stagionali, che dopo una breve traversata nidificano in queste zone generalmente per un paio di settimane.
 
... 

Dopo alcuni giorni, mi sono sentito in dovere di informare il Presidente della situazione riscontrata sull’isola; mi ha ascoltato pazientemente, e alla fine  – con il piglio e l’autorità morale che tutti gli riconosciamo – mi ha dato disposizioni perentorie: “Niente beach tennis? Niente Gnocca??? Allora piantala di buttare via tempo e denaro, e ritorna immediatamente alla base!”

... 

A testimonianza del lavoro svolto, eccovi il poderoso apparato iconografico prodotto:

 
il vostro inviato studia la spiaggia della Cinta: parzialmente idonea alla pratica del beach tennis…

 
… non fosse per i temibili ciottoli che la infestano!

si studiano le rudimentali forme di beach tennis ivi praticate…

 … e le rozze attrezzature disponibili

il vostro inviato testa la pelle di porceddu, utilizzata nella produzione di palline…

… spronato dall’entusiasmo scientifico manifestato dalla sua compagna

 Spiaggia dell’Isuledda: inidonea alla pratica del beach tennis

il vostro inviato nei pressi dell’isola di Tavolara, mentre valuta la possibilità di giocare un beach tennis abbinato al free climbing: ipotesi bocciata

 il vostro inviato, orfano dei racchettoni, si dedica alla sua antica passione: l’architettura.

si scruta l’orizzonte, alla ricerca della Gnocca Imperiale.
Nel frattempo, vista l’inidoneità delle spiagge alla pratica del beach tennis,
si studia il modo di trasferire il mare sardo sul litorale ferrarese

la geniale soluzione: questa gigantografia verrà installata davanti al tratto di mare compreso tra il bagno Granchio e il bagno Las Vegas!

 stremato dalla sconfortante ricerca, al vostro inviato sfugge forse l’unico esemplare di Gnocca Imperiale

 
il Presidente ci ha richiamato:
l’ultima foto, prima di chiudere la valigia 




2 commenti:

  1. Recensione grandiosa ED ESAUDIENTE. Dopo la vacanza al ritorno a Spina credo di aver visto il primo match DEL NOSTRO INVIATO CON DUE GNOCCHE IMPERIALI DEL TEAM.................

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  2. Strano, proprio non ricordo...;-)

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