sabato 10 dicembre 2011

una modestissima proposta (per uscire dalla crisi)

Non ho mica fatto in tempo!

Spero non pensiate che sia colpa mia, anche se avevo ipotizzato che il diciassettesimo post avrebbe potuto portare ulteriore sfiga.
Magari potevo essere più veloce a pubblicare il diciottesimo, forse sarebbe anche cambiato qualcosa, ma non credo.

Beh, siamo dunque alla stretta finale.
O meglio speriamo che questa sia davvero la stretta finale, perchè se come si vocifera questo non è che un primo passo, sarà davvero il caso di preoccuparsi sul serio.
Il governo dei tecnici ha fatto come temevo confusione, scambiando i bastoni molto piccoli con delle carote molto grosse. Ha cominciato a preparare l’albero di Natale e per prima cosa ha infilato subito il puntale. Le palle le metterà dopo, dicono.

Ero un po’ scettico, lo ammetto, e consapevole del fatto che se un malato chiama il medico questo poi gli ordina una medicina che in genere è amarissima. E anche un po’ impaurito dal nuovo premier, così austero ed algido.
D’altronde è noto come io, da buon beachtennista, ai monti - dovunque si trovino - preferisca di gran lunga il mare.
Così siamo passati da un circo cialtrone ai cavalieri dell’apocalisse, da Barnum a Bergman, da Stanlio e Ollio ad Amleto, e ci ritroviamo schiavi di una moneta, dei mercati, delle borse, dei titoli, dello spread, delle agenzie di rating che ci gufano contro e di chi più ne ha più ne metta, ma con la precisa sensazione che nonostante tutto la colpa non sia proprio nostra… Io perlomeno non mi sento di aver fatto nulla, non so voi, e quindi non capisco perché dovrò espiare delle colpe che sento non mie.
Poi noi beachtennisti abbiamo già dato. Da tempo ci obbligano sporadicamente a giocare il doppio misto: non possiamo assolutamente sopportare ulteriori gravi sacrifici.

Stiamo transitando da una democrazia che ha prodotto la classe politica che ha prodotto, seppur eletta dal popolo che c’è (non si può pretendere…se il Grande Fratello è alla sua decima edizione, un motivo ci sarà pure) ad una plutocrazia, dove dettano legge le borse, i mercati, le banche e gli economisti. Ma con l’impressione di essere continuamente in ritardo, per quante manovre faccia il governo c’è sempre qualcuno che gli frega il parcheggio e ci ritroviamo sempre in mezzo alla strada.

Serve uno scatto d’ingegno, un’invenzione, bisogna volare alti ed andare oltre.
Uscendo da una democrazia malaticcia, cerchiamo di saltare la plutocrazia: puntiamo direttamente ad una pippocrazia.
E se può essere utile, ecco il mio piccolo contributo: ho già pronto il simbolo.


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