martedì 25 dicembre 2012

solidarietà natalizia


Tempo mezzora, e allo scoccare della mezzanotte il morbo crudele ha colpito anche me. D'altra parte non potevo sottrarmi.
Maledetta, stupida solidarietà natalizia!
Ho percepito alcuni suoni, “pling pling pling” e “ho ho hooo”, ma non erano né le renne, né Babbo Natale. Era il mio stomaco.
Per farla breve, ho passato la Santa Notte languidamente abbracciato ad una singolare tazza di ceramica bianca di cui ho un vago (e allucinato) ricordo, e nei brevi momenti in cui ci lasciavamo, mi ributtavo tra le lenzuola in una sindone di sudori freddi.

Oggi febbre altina, mezza tazza di the, conforto reciproco con la consorte che, sempre e comunque, per definizione, sta peggio di te, tv continuamente accesa e due palle immani…
Domattina staremo meglio, ma mi raccomando meglio starcene buonini in casa per non rischiare ricadute, e dopodomani – opplà! – pronti per tornare al lavoro.

Gran belle feste. E’ vero, anche quest’anno sono arrivato a mangiare il panettone, ma quanto mi è costato...

E se incontro un Maya – non voglio sentir ragioni: giuro che lo spenno, lui e il suo stupido Serpente Piumato!

lunedì 24 dicembre 2012

Natale, ancora una volta


Natale anomalo.

Con la mia signora colpita da cagonite influenzale acuta (dove non han potuto i Maya, ha potuto Montezuma: sempre di civiltà precolombiane si tratta). 

Dopo che ieri mattina, mentre uscivo dal bagno percependo un gemito, l’ho trovata distesa sul divano che pareva esalasse l’ultimo respiro, esangue come la signora delle camelie.

Che poi, dopo l’ultimo respiro, ha esalato ben altro che non vi sto a dire.

Con la conseguente rinuncia forzata a tutte le prelibatezze natalizie, per solidarietà coniugale.

Costretto a cucinare minestrine, brodini, riso in bianco, patate lesse e the leggero per lei, e mille nefandezze riesumate dal congelatore per me. 

Senza il calendario dei dannati del beach tennis causa profezia dei Maya (cosa perdo tempo a fare un calendario se poi finisce il mondo?)

Con in compenso l’agenda Monti, lì già bella pronta appena sfornata, permeata da quel leggero, antico fetore paleodemocristiano.

Mentre trasmettono in tv, proprio la sera di Natale, “Bambi”: il film d’animazione più terribile e crudele mai ideato dalla mente umana.

Che dopo che a Bambi i cacciatori gli han fatto fuori la mamma, minimo minimo ti dovevi aspettare i doverosi sequel, tipo “Bambi 2 – la vendetta” e “Bambi contro Bamba”, fino al liberatorio “Bambi e Bombolo con la supplente nella classe dei ripetenti”.

Comunque, cari amici miei, nonostante tutto anche quest’anno siamo arrivati a mangiare il panettone… Mica poco, di questi tempi!

E se teniamo duro e pensiamo ad altro, l’estate rischia di arrivarci addosso che neanche ce ne accorgiamo.

 Auguroni a tutti.

sabato 22 dicembre 2012

21.12.2012: 'ntu culu ai Maya!


Mancano ormai solo pochi minuti, e sono consapevole di correre ancora dei rischi.
Ma sono anche pronto ad assumermi tutte le mie responsabilità, ecchediavolo! Quindi...

…’ntu culu ai Maya, e a tutte le loro famiglie!

 E da domani, il Serpente Piumato al massimo lo adoperiamo per dar giù la polvere dai mobili.

giovedì 31 maggio 2012

la terra trema (e noi pure)


Vi scrivo dal Lido di Spina, dove da qualche giorno io e mia moglie veniamo a dormire sperando di stare un po’ più tranquilli, e dove l’unico rischio sismico possibile (mi auguro!) è che possano ribaltarsi i pali di sostegno dei campi da racchettoni, avviluppando il malcapitato giocatore nella rete come un tonno nella tonnara senza però provocargli rilevanti danni fisici, ma solo enormi danni morali.

Se non fosse per la catastrofe che ci ha travolto, per quei poveracci che ci hanno lasciato le penne e per tutti quelli che, perduta ogni sicurezza, sono costretti a starsene disperati e impauriti fuori di casa, vi racconterei di quanto la comunità dei beachtennisti sia preoccupata dal misterioso fenomeno della liquefazione delle sabbie. Tanto che qualche bella testa ha ventilato l’ipotesi di giocare indossando, al posto delle solite scarpette da sabbia, un paio di pinne, cosa che avrebbe ulteriormente aggravato sia il già precario equilibrio che la compromessa mobilità di svariati giocatori che conosco.

E vi racconterei anche di quanto la comunità dei beachtennisti sia rimasta interdetta dalle dichiarazioni dei geologi che tutto d’un tratto hanno rovesciato la radicata convinzione che qui da noi in pianura i terremoti non avrebbero mai potuto fare i danni che fanno dalle altre parti, perché noi siamo appoggiati su un letto di sabbia che attutisce le onde sismiche. Improvvisamente ci rivelano che – anzi -, la sabbia le amplifica, le onde sismiche… Allora, se il fondo roccioso trasmette le onde sismiche e quello sabbioso le amplifica, dov’è che possiamo stare tranquilli? Dopo lunghe riflessioni, credo di avere la risposta: sulla lettiera dei gatti. Ecco, se abitate in una casa appoggiata su un sottosuolo simile alla lettiera dei gatti, non correte nessun pericolo: le onde sismiche arrivano, fanno la palla e via, il pericolo è scongiurato.
Ragion per cui il prossimo torneo di beach tennis al Bagno Spina, verosimilmente, si terrà sul ghiaino: il primo torneo Sanicat. Preparatevi.

Poi vi racconterei del dolore e della preoccupazione di noi beachtennisti per i crolli dei capannoni industriali, e di quanto sia stato crudele e ingiusto il terremoto a colpire le fabbriche e chi ci lavorava dentro. Se in queste terribili manifestazioni della natura ci fosse una minima forma di giustizia, il terremoto – nottetempo e senza far male a nessuno - avrebbe raso al suolo l’unica cosa meritevole di distruzione: gli spogliatoi dello Stop and Go. E qui mi fermo perché non vorrei fare la figura di quel ciordo che tempo fa, durante un’eruzione, strillava “Forza Etna!”, e anzichè essere spalmato di pece e ricoperto di piume dalla popolazione inferocita poi, proprio da quelle parti, in Sicilia, è stato eletto sindaco. Questa è l’Italia: ciordi ovunque, e a tutto tondo.

Poi vi racconterei della mia personale vicenda lavorativa che mi ha portato a dovermi prender cura, da qualche tempo a questa parte, di un importante monumento cittadino. Bene, da allora è capitato di tutto: orribili lacerazioni al sistema fognario, rotture ai circuiti dell’impianto di riscaldamento, esodi e controesodi biblici di uffici, e adesso il terremoto che ha fatto, tra l’altro, crollare alcune strutture che resistevano da svariate centinaia di anni. Decisamente non devo sorprendermi se alcuni colleghi di lavoro mentre passo si ravanano in posti che non sto a dire perché sono una persona educata… Dovrò farmi benedire, o esorcizzare, ora vedo di capire cosa sia meglio. E ciononostante questo incarico mi è stato confermato almeno fino al 31 dicembre prossimo. Niente male, dieci giorni dopo la fine del modo annunciata dai Maya: una bella dimostrazione di fiducia!

E vi racconterei anche di quanto sia rasserenante la normalità, preziosa l’abitudine, e importante la noia.

Ma siccome non è il tempo di raccontare stronzate, e forse ne ho accennate già troppe, mi fermo qua.

E state sereni più che potete, mi raccomando.

sabato 7 aprile 2012

arti applicate

Mi ha telefonato Amadori. Quello dei polli.

Da tempo sta lavorando per il miglioramento delle produzioni dei suoi allevamenti, nei quali ha installato sofisticati impianti stereofonici che diffondono musica classica, e un complicato sistema di luci per sperimentare i benefici effetti della cromoterapia sui pennuti.
Così da poter poi apparire in tv a magnificare il proprio lavoro esclamando, con quella sua tipica voce cantilenante romagnola: “Parola di Francesco Amadori!”

Deve aver visto su internet il mio blog, i calendari e tutte le stupidate e i fotomontaggi che ci ho messo dentro con  le mie scarse abilità da disegnatore maneggione, e si è detto convinto che potrebbe essere utile sperimentare le arti grafiche per ampliare gli orizzonti culturali delle galline, sempre nell’ottica del perseguimento di quel suo pallino che è quello della qualità totale nel settore dell’allevamento avicolo.
Abbiamo allora concordato un progetto e detto fatto mi sono presentato qualche giorno dopo presso la sede della Amadori.

Mi hanno accompagnato dentro ad un enorme edificio pieno di galline, che sulle prime mi hanno guardato di traverso con quel loro occhietto strabuzzato verso l’infinito e l’altro spalancato fisso su di me.

Abbastanza inquietante.

Pian pianino mi sono diretto verso il centro del capannone, ho appoggiato per terra la mia valigetta e l’ho aperta. I pennuti, vincendo la loro naturale diffidenza, si sono a poco a poco avvicinati, zampettando circospetti come in un tango argentino pieno di esitazioni ….

Ho cominciato a tirar fuori dei cartoncini colorati, delle vecchie riviste patinate, qualche paio di forbici, della colla, dei fogli da disegno bianchi…

E loro, sempre più incuriositi, hanno continuato ad avvicinarsi con quella loro tipica andatura altalenante con la quale allungano una zampa ritraendo contemporaneamente il collo e poi viceversa, fino a sfiorare, toccare e becchettare tutte quelle cose per loro nuove e sconosciute…

Insomma, per farla breve: alla fine abbiamo fatto un pollage.


(…)

Gli effetti dell’attività artistica con i pennuti sono stati immediati e stupefacenti. Già la mattina dopo le galline avevano deposto delle uova decorate per la Pasqua.

Una gallina addirittura, informata della mia passione per il beach tennis, ne ha sfornato uno giallo e arancio, che sembrava una pallina.


Ma decisamente, decisamente peggio è andata a quella che ha cercato di farne uno a forma di racchettone.

Comunque sia, buona Pasqua a tutti.

sabato 31 marzo 2012

ultimi misteri

Ricordate che qualche post fa accennavo al troppe volte rimandato match con la somma sbadilatrice e con la sua misteriosa e sfuggente amica
Bene, alla fine l’evento tanto atteso si è consumato, nel pomeriggio di una fredda domenica.
E che poi quella domenica pomeriggio ci fosse qualcosa di diverso nell’aria lo si era percepito subito.
Allo Stop and Go, appostate discretamente dietro i pilastri di sostegno del capannone, c’erano una troupe del National Geographic ed una della rivista Nature.
E, nascosto sotto la sabbia, Piero Angela. Suo figlio Alberto si era invece infilato nell’imbottitura di un palo di sostegno della rete del campo 3, ma in maniera così goffa che lo si vedeva lontano un miglio. Cecchi Paone era invece pericolosamente annidato nelle docce dentro agli spogliatoi. Mancava solo Roberto Giacobbo, che si era perso per strada a parlare con un Maya del tesoro dei Templari.

Alberto Angela mentre esamina alcuni reperti ritrovati dal padre 
tra le sabbie dello Stop and Go. Sapesse cosa avevo trovato io!

Gnucco come sono, io sulle prime non avevo capito un piffero di quanto stesse succedendo…
Ma poco dopo, quando ho visto arrivare la più autorevole candidata all’assegnazione del Badile d’Oro 2010 dietro alla quale s’intravvedeva l’ombra di una sagoma sfuggente, ho avuto la rivelazione. 
Era finalmente comparsa la mitica amica: la chimera, il liocorno, l'araba fenice, che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa.
Inizialmente seminascosta in un felpone, la mitica amica ha cominciato a muoversi per il campo, annusando l’aria con diffidenza e sventagliando la racchetta sopra alla testa come per tenerci a bada. Le prime tre palle che le abbiamo lanciato le ha catturate e infilate rapidamente in un tascone (forse un marsupio?), probabilmente con l’intenzione di farne provvista per l’inverno. La quarta palla, invece, ce l’ha rimandata indietro.
Avevamo stabilito un contatto!
Pian piano allora abbiamo cominciato a palleggiare, immersi nel ronzio ovattato delle videocamere delle troupe maldestramente mimetizzate per documentare l’evento. Poi a gesti abbiamo concordato le modalità del gioco, chiarendone via via i concetti che in un primo momento sembravano essere stati fraintesi, e cioè che non vinceva chi tirava la palla più lontano, o più in alto, e tanto meno chi tramortiva a pallate l’avversario. Quasi al termine delle due ore è sembrato che questi princìpi fossero stati compresi e assimilati, anche se ormai era troppo tardi per iniziare a giocare seriamente, ed io ero barcollante per il continuo schiacciamento alle vertebre cervicali causato dalle ripetute osservazioni delle parabole dei pallonetti, e macchiato come un dalmata dagli ematomi blu causati dalle furibonde pallate che, quando mi mancavano, formavano profondi e pericolosi crateri sulla superficie sabbiosa, entro i quali rischiavo continuamente di precipitare.
Però man mano che si procedeva nel gioco, la tensione svaniva e il misterioso essere sembrava diventare sempre meno diffidente, tanto che le troupe sono cautamente uscite allo scoperto e, o raccogliendo e lanciandole una pallina uscita dal campo, o chiamandole buone delle palle palesemente fuori, hanno lentamente conquistato la sua fiducia.
Tanto che credo che qualcuno, con un artificio, sia addirittura riuscito a prelevarle alcuni campioni organici che serviranno probabilmente per mapparne il DNA.
Cosi potremo conoscere i segreti di uno degli ultimi esseri misteriosi del nostro pianeta.
Ora ci mancano solo il calamaro gigante degli abissi, lo yeti, il mostro di Loch Ness e abbiamo esaurito i misteri dell’universo mondo.

Quasi.

Rimane il mistero dei neutrini e della velocità della luce.
In questi giorni è naufragata l’ipotesi che avrebbe messo in discussione la teoria della relatività, pare per un errore di calibrazione dell’orologio che misurava il tempo del tragitto delle particelle dal CERN al Gran Sasso attraverso il mirabolante tunnel della Gelmini…
Bastava dirmelo! Avrei mandato quel mio collega di lavoro e tutto si sarebbe risolto! 
Poi anch’io avevo elaborato una teoria sul perché tutti quei neutrini, chiusi nel tunnel, fossero schizzati via più veloci della luce, ma secondo me (cosa sfuggita ai fisici presi dall’euforia nell’osservazione del fenomeno) non proprio tutti tutti… 
Tutti tranne uno: quello che aveva scorreggiato.

mercoledì 22 febbraio 2012

della mia nuova racchetta e dell'importanza del potere evocativo delle frasi

Incurante del fatto che il carnevale fosse finito e che oggi fosse il primo giorno di Quaresima, nel pomeriggio mi sono travestito da giocatore di beach tennis e mi sono presentato allo Stop and Go per la tradizionale partita del mercoledì con i dannati del CRAL.
E lì ho misurato la distanza tra l’essere e il voler apparire, tra il mascherarsi per negare se stessi e l’illusione di poter diventare altri, almeno per un attimo.
Se uno si traveste da Zorro non è che improvvisamente gli compare di fianco il servitore Bernardo e il cavallo nero che nitrisce e s’impenna, e possa quindi andare in giro impunemente a saettare delle zeta con la spada sul fondoschiena del sergente Garcia raddrizzando torti, no… Se uno si traveste da Zorro, rimane il pirla di sempre. Anzi, vestito da Zorro risulta persino un pirla più grande.

E questo è esattamente quello che mi è successo oggi, che ormai mi succede da tanto tempo, e che continuerà a succedermi per un bel pezzo, almeno finché il fisico mi reggerà. 
Avrete forse intuito come la mia prestazione beachtennistica, come al solito, non sia stata esaltante…

Tuttavia sono felicissimo della mia nuova racchetta, da poco acquistata.

e per dimostrare che non siamo noi che non ci meritiamo le cose, 
ma sono le cose che non si meritano noi,
ecco qui la mia nuova, rutilante racchetta

Degna erede della mia vecchia Vision, è una racchetta che praticamente gioca da sola. Anzi, da sola gioca meglio di quanto non giochi assieme a me, per dire, e quindi l’anello debole della coppia - se proprio si volesse fare la punta ai chiodi - sarei io. E’ una dei due modelli di punta della scorsa estate, ça va sans dire, ho solo questo vizio e potrò pur cavarmi una qualche voglia ogni tanto…
L'altra di questi due modelli di punta, quella bianca e azzurra firmata da Alex Mingozzi, l’avevo provata sui campi del bagno Las Vegas: andava benissimo, secca, potente e maneggevole, e dopo pochi minuti mi ero già convinto di andarla a comprare. 

Sennonché…

Osservandola meglio ho notato sulla base del piatto una scritta: “Memento audere semper”.
In un lampo mi sono ricordato di motosiluranti, di D’Annunzio, della beffa di Buccari, del Vittoriale, di Fiume, del Carnaro, di trasvolatori e di altri ammennicoli vagamente fascistoidi di cui credo si possa fare tranquillamente a meno.
Capisco che volessero significare: “Ricordati di osare sempre”, consiglio forse anche sensato ma che vale quel che vale sui campi di racchettoni, ma diavolo, prima di scrivere certe cose su di una racchetta informatevi anche su quello che possono evocare, sul loro significato “secondo”! 
E quindi ho comprato l’altra racchetta, quella bianca e rossa. Senza neanche provarla.
Tanto per dire come sono fatto, e di quanto l’età mi renda sempre meno tollerante man mano che mi si allentano i freni inibitori. 
La mia nuova racchetta ci ha scritto sopra “white”, come il White Christmas di Bing Crosby, “carbon” come il carbone della Befana (sintetizzando così mirabilmente le due festività che rendono tutti felici), ed è firmata da Matteo Marighella: una garanzia.

E, vi garantisco, va benissimo: peccato solo che sia finita nelle mani di un cialtrone come me.

martedì 21 febbraio 2012

palindromi

21.02.2012
Ennesima data palindroma.

Meno zoppa della precedente (l’11.11.11) e della prossima (il 12.12.12), quella di oggi è veramente una data palindroma, ed è stata come al solito caricata di grandi aspettative e di altrettanto poderose scemenze. Quasi che il presentarsi di una qualsiasi curiosa combinazione numerica del calendario riesca ad evocare nell’immaginario collettivo eventi che vanno dalla fine del mondo alla speranza di una rinascita, di un cambiamento radicale, dell’inizio di una nuova era.

Io, per verificare, oggi pomeriggio di nascosto da mia moglie che era fuori di casa, ho preso furtivamente pallina e racchettone nuovo e ho tirato alcuni colpi contro il muro del soggiorno. Direi che non è cambiato niente, a parte l’aver sporcato la parete: gioco male uguale a prima. Ma verificherò meglio domani sera, nel consueto mercoledì beachtennistico del CRAL.

Poi però, preso dal giochino dei palindromi tipo “ossesso”, “ovattavo” o “illesi piselli”, e incuriosito dal fatto che proprio oggi il nostro ex Premier avesse presentato il nuovo inno del suo partito, con i potenti mezzi informatici di cui dispongo ho scaricato il brano dalla rete e, memore di certi pezzi rock che ascoltati al contrario sembra nascondano chissà quali oscuri messaggi subliminali, ho ripetuto l'esperimento… Vuoi vedere che non sia palindromo anche quello! 
Non vi dico la mia sorpresa quando mi sono accorto che il nuovo inno del PDL - scritto dal suo Presidente e ascoltato all’incontrario, altro non si è rivelato che una sua completa confessione sulla corruzione dell’avvocato Mills, nonchè sul fatto che sapesse perfettamente che Ruby non era la nipote di Mubarak, bensì una non ho capito bene come l'avesse definita perché l’audio era un tantino rovinato.

Sull’onda dell’entusiasmo allora ho recuperato subito dopo un video girato l'estate scorsa sulla spiaggia di Spina, nel quale alcuni membri del Team (il Presidente, l’Amministratore Delegato, il Tesoriere e il Consulente Legale) giocavano a racchettoni: bene, il filmato visto all’incontrario era identico alla danza che i pellerossa Cherokee del Missouri eseguivano per invocare la pioggia.
Ho subito interrotto  la riproduzione del filmato, per non provocare mutamenti climatici irreversibili.
Ma la cosa più inquietante era che quei quattro, visti al contrario, giocavano pure meglio del normale!

sabato 4 febbraio 2012

piccoli accorgimenti per sopravvivere alle insidie della neve

“Poropoppoppero poppoppò!” canticchiava un mio collega ieri mattina in ufficio percorrendo il corridoio. E rivolgendosi alla mia quasi dirimpettaia, le ha detto garrulo “Sai, quando mi senti cantare i motivi sono due: o sono molto contento o sono molto incasinato, e direi che stamattina l’ipotesi è la seconda!” 
O sei molto rincoglionito, ho pensato io. Così, come terza possibilità.
Come divevano i latini, "tertium datur".

Colpa della bufera, che ci ha colpiti così, inaspettatamente, proprio in inverno.
Sì, la neve di questi giorni ha rotto proprio i coglioni, sia nelle attività di ufficio che nella sfera privata. In ufficio ho vissuto da spettatore il grande marasma per ripulire le strade e cospargerle di sale (mi sono trattenuto a stento dal mandare ad un collega che so che sporadicamente mi legge e che era pesantemente coinvolto nell’emergenza, un sms che diceva “Mi raccomando, sala poco che ti va su la pressione”), e nel privato per prima cosa mi ha fatto saltare il tradizionale mercoledì beachtennistico e poi, cosa peggiore, mi ha obbligato a farmi carico di alcune sgradevoli incombenze condominiali.

Mercoledì, all’apparire dei primi fiocchi, ho comprato in una vicina ferramenta una pala da neve. Sulle prime avevo pensato di utilizzare la mia vecchia Turquoise Black Death, scordandomi che già la stavamo utilizzando in casa come tagliere per i formaggi.

il mio nuovo attrezzo: quasi quasi, se accorcio
il manico e gli rifaccio l'overgrip...

E ho cominciato a ripulire il marciapiede di fronte a casa.
Ho spalato due metri cubi di neve e dodici cacche di cane, che hanno sporcato con strisciate immonde l’attrezzo nuovo di zecca di cui ero orgoglioso, e rovinato la poesia e l’incanto del momento. 
L’ho ripulita alla bell’e meglio, strisciando e sventagliando cacca sul manto bianco come Jackson Pollock durante un action painting; poi mi sono dedicato al cortiletto interno e alla fine ho sparso il sale dappertutto come Scipione sulle rovine di Cartagine dopo le guerre puniche.

Alla fine della rumba, il mio era l’unico marciapiede pulito e sghiacciato del quartiere, cosa molto apprezzata dai cani dei dintorni che hanno ricominciato immediatamente a cagarci sopra.
Penso che a breve mi consulterò con Archimede Pitagorico, o forse con Wile Coyote o direttamente con l’ACME che gli fornisce tutti i marchingegni, e installerò sul muro davanti al marciapiede una botola a scomparsa con dentro un forbicione collegato ad un pantografo che quando arriva un cane e accenna ad accucciarsi nella tipica posa, la prima volta guizza fuori e –zac! – una sforbiciata al pelo della coda dell’animale e –zac! – via una braga al padrone, poi la seconda volta, dovessero riprovarci, - zac! – un’altra spuntatina al pelo della coda della bestiola (perché in fin dei conti la colpa non è sua) e – zac! -, via una palla al padrone.

sulla destra il risultato del primo taglio,
sulla sinistra quello del secondo...

Oppure installerò sullo zoccolo intonacato di casa su cui gli amici a quattro zampe, tenuti al guinzaglio dai padroni che li guardano con benevola indulgenza, amano tanto segnare il territorio, un cavetto di acciaio come quelli che si adoperano negli impianti antipiccione, che appena si avvicina l’animale e accenna ad alzare la zampetta, - zot! – giù una scarica da ventimila volts che arriccia i peli uguale a cane e padrone. Così poi se ne vanno via a passeggio che fanno pendant.
E nello stesso tempo perfezioniamo anche l’odioso colorito che esibisce in questo periodo la maggior parte dei proprietari dei cani (almeno della mia zona), che complice evidentemente l’appena trascorsa settimana bianca sono tutti così abbronzati che sembrano in procinto di essere convocati dalla nazionale del Camerun.
Eh, miei cari, la guerra è guerra e non c’è nessuna pietà, quando la maleducazione impera.

Temendo poi che tutta quella neve minacciasse inoltre di paralizzare anche i prossimi impegni beachtennistici, per cautelarmi, non appena finito di spalare, sono andato a mettere in moto l’auto preoccupato dal fatto che il freddo potesse scaricare la batteria.
Poi l’ho ripulita dal cumulo di neve che la stava sommergendo e, trattenuto solo dalla constatazione che le dita delle mie mani erano ormai color fucsia, ho pensato (ma solo pensato) di montare le catene…
L’ultima volta che ho tentato di farlo, per liberarmi hanno dovuto chiamare un fabbro. Ero talmente avviluppato da quella ferraglia che sembravo Antony Quinn che interpretava Zampanò, quello che faceva saltare le catene gonfiando il petto nel film “La strada” di Federico Fellini.
Il fabbro, tra l’altro, mentre cercava di districarmi dal complicato groviglio, mi ha leccato un orecchio convinto di trovarsi nel mezzo di un festino sadomaso. Quando gli ho spiegato che non era così, se n’è andato un po’ deluso.  E senza farmi la fattura.

Nonostante tutto venerdì sera sono riuscito ad andare a giocare. Da due settimane mi sono reso disponibile come tappabuchi e per due venerdì consecutivi mi hanno chiamato. Neanche a fare il quarto, bensì a fare l’ottavo (!), e così nella girandola dei set ho giocato con quattordici persone diverse…
Ormai ho dato il mio numero di telefono a destra e a manca: sto diventando il più grande puttanone dello Stop and Go.

E domani – forse – riuscirò a disputare il tante volte programmato e altrettante volte rimandato match con la più autorevole candidata al (purtroppo mai assegnato) Badile d’Oro 2010 e con una sua - altrettanto preannunciata ma mai vista – amica: mitica creatura avvolta dal mistero, un po’ come lo yeti - su cui ci sono solo leggende, presunti avvistamenti, tracce, ma sostanzialmente nulla di concreto. 
Se dovesse saltare la partita anche questa volta, credo che dovremo rinunciare definitivamente. Perchè forse allora dovremo davvero rassegnarci al fatto che gli dei ci sono contrari, e non vorrei mai che insistendo in questo folle progetto non rischiassimo di far cadere, oltre che tutta questa neve, anche quel meteorite che distruggerà definitivamente la vita sulla Terra.

martedì 31 gennaio 2012

basta inverno!

Basta inverno! Non so voi, ma io ne ho già le palle piene.
Questi sono i giorni della merla, che mi perseguitano da una vita perché essendo nato io in uno di questi giorni, tutti mi dicono sempre “Ma sei nato nei giorni della merla!”, come se fosse una cosa di cui essere orgogliosi. Se dovessi mai beccare ‘sta merla, giuro che la spenno seduta stante, così crepa immediatamente dal freddo e la pianta di rompere gli zebedei nei secoli dei secoli, amen.

In questi giorni, come vi dicevo, ho compiuto gli anni.
Ricorrenza sempre più pesante. Per rallegrare l’evento ho pensato di regalarmi una nuova racchetta, ma i negozi miei storici fornitori di Marina di Ravenna in inverno sono chiusi. Così se ne riparlerà a marzo, e nel frattempo mi tengo la mia vecchia Vision ormai sfibrata, che trasmette nefaste vibrazioni al gomito ormai così tanto devastato alternativamente da epicondilite ed epitrocleite che quando faccio pipì mi devo infilare la fascia elastica altrimenti combino disastri.
Al braccio, intendo dire, la devo infilare la fascia. Ovviamente.
Mia mamma mi ha regalato dei cioccolatini, subito sequestrati da mia moglie che li ha suddivisi tra quelli che le piacciono e quelli che non le piacciono, consegnando naturalmente a me i secondi.  “Questi sono al cocco, li lascio a te che so che li mangi volentieri”, mi ha detto: affermazione che tornerà buona quando dovrò dimostrare la crudeltà mentale nel nostro rapporto di coppia.
Poi anche mia moglie mi ha fatto un regalo. Una bella sorpresa. Che, in continuità con le ciabatte regalatemi a Natale, allude velatamente al mio ormai prossimo e inevitabile declino fisico e alla prospettiva di un futuro sedentario.
I presupposti c’erano tutti: erano mesi che ripeteva che avevo bisogno di un pigiama nuovo, la sera prima mi aveva fatto gli auguri su Facebook pubblicando questa immagine


che, per inciso, produrrò agli atti al momento del divorzio, e quindi la mattina del mio compleanno mi alzo di buon’ora e cosa mi ritrovo sul tavolo della cucina?  Un bel sacchettone chiuso da un nastro recante una scritta misteriosa: Te Zenis.
Che cosa dovevo mai pensare? Torno a letto e, mentre lei si rigira sul materasso, le sussurro “Grazie! Scommetto che è un pigiama.” 
“Guarda, a me è sembrato carino. Ma se non ti piace, lo riporto indietro e (testuali parole!) prendo della roba per me.”
Non immaginerete quindi la mia sorpresa quando, aprendo il pacco, invece del previsto pigiama, mi sono trovato un tutone di felpa, ma mica sportivo, da poter sfoggiare magari allo Stop and Go in questo periodo di freddo intenso, no…: uno di quelli da portare in casa, con le pantofole di pelouche a forma di coniglio. Tutto bello lungo e attillato, perfetto sul fisicone di un modello palestrato ma che indossato da me mi rendeva sexy come una carruba.
Morale: il giorno dopo era già stato restituito al negozio e barattato con un set di mutande da donna.
Fine del compleanno, fine del regalo e arrivederci all’anno prossimo.
Mi rimangono però due consolazioni: la prospettiva della nuova racchetta che mi comprerò in primavera, e i cioccolatini al cocco.