sabato 29 maggio 2010

una nuova racchetta per un vecchio leone

Arrivato in spiaggia, come al solito neanche il tempo di appendere lo zaino all’ombrellone che sento urlare dall’altra parte della passerella: “Sono pronto!”.
Annuisco salutandolo. E’ un vecchio leone del beach tennis, che sfodera per l’occasione una racchetta nuova.
Prima di arrendersi alla modernità, per anni e anni ha insistito a giocare con quella che un po’ tutti consideravamo lo Stradivari delle racchette. 




Era un racchettone di legno autoprodotto, in compensato multistrato di abete della Val di Fiemme e rovere di Slavonia, assemblato con collanti segretissimi (si vocifera addirittura che sia stata utilizzata la leggendaria coccoina, ma non si esclude a priori anche l’uso del vinavil), realizzato con il seghetto ad arco del traforo e con un Black&Decker con punta del 12. Qualcosa di simile l’avevo vista solo in una baita tirolese, e serviva come tagliere per lo speck. Pare che l’ideazione e la realizzazione di quella racchetta sia stata il frutto del lavoro sinergico di più menti, il suo vecchio gruppo di amici tutti provenienti dal bagno Las Vegas: un uomo solo non sarebbe mai potuto giungere a tanto. La sua caratteristica peculiare era il rumore secco che si produceva nell’impatto con la palla, simile a quello di un femore che si frattura. D’altra parte l’attrezzo era stato testato prima con granate a frammentazione dell’US Army, poi con palle incatenate Dunlop da otto libbre utilizzate da John Newcombe a Wimbledon nel ’67. Le vibrazioni che trasmetteva al braccio erano assimilabili a quelle di un martello pneumatico, e qualcuno racconta addirittura di aver visto la racchetta, appoggiata su di un tavolino del bagno, vibrare da sola come un cellulare con il vibracall. Ci sono poi leggende su di un suo utilizzo paramedico per la riduzione della cellulite, oltre che per innominabili pratiche erotiche sulle quali non ci dilungheremo.
Il tempo di spogliarmi, di spalmarmi l’antivegetativo per togliere il colore verde muschio dalla pelle, di mettere la protezione solare e sono sul campo.
La sua nuova racchetta, che non conoscevo, è una Tom Caruso della nuova collezione. Modello “Corleone”, credo, dalla tipica impugnatura a lupara. Bianca.
Beh, l’abbiamo lasciato vincere. D’altronde gli ultimi che hanno osato sconfiggere il possessore di una racchetta Caruso, rientrando a casa nottetempo, si sono ritrovati una testa di cavallo mozzata sullo zerbino.
Alla fine dei tre set, stravolto ma felice per la vittoria, ci ha raccontato che quella mattina stessa aveva corso per 15 chilometri, perché sta preparando la mezza maratona. Mezz’ora dopo l’ho incrociato mentre risaliva la passerella, orgoglioso di aver fatto un lungo bagno nelle acque gelide dell’Adriatico.
Nel pomeriggio però non l’abbiamo visto.

Speriamo bene.

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