sabato 29 gennaio 2011

tempo di esami

Anche quest’anno, passato il Natale, ho dovuto programmare gli esami medici di routine.
Naturalmente spinto a viva forza da mia moglie.
Gli argomenti che tira fuori per obbligarmi a farli sono sempre gli stessi:
1) ormai c'hai un'età (e grazie, continua pure a rigirare il coltello nella piaga...)
2) non puoi continuare così  a fare quello che fai ( ad es. giocare a beach tennis per ore ed ore) senza controllarti
3) non puoi continuare a nascondere la testa dentro la sabbia come gli struzzi (sarà quello il motivo della mia passione per le spiagge?)
4) non sperare di star bene solo perchè non ti controlli (ma non è vero che non mi controllo: per esempio, dopo questa affermazione scatta subito l'autopalpazione dei testicoli!)
5) se poi, a causa della tua trascuratezza, ti dovesse venire un coccolone, augurati di lasciarci le penne subito, perchè in caso contrario col cavolo che io starò lì ad assisterti (eh, è sempre bello sapere di poter contare su qualcuno...)

Però è vero, io in genere tergiverso sempre, spesso mi faccio prescrivere gli esami e - ops! – riesco a far scadere i termini dell’impegnativa, guadagnando così alcuni mesi.
Ma non è che abbia paura dei prelievi, per carità, non è quello: sono gli esiti che mi terrorizzano. Perchè se anche mi sentissi benone ed in piena forma, sicuramente da quei maledetti numerini a lato del referto emergerà che questo valore è alto, questi altri sono al limite e quello bisogna capire perché si è spostato, facendomi precipitare, nel migliore dei casi, da uno stato di benessere ad uno di attenzione per cui quello che facevo non lo potrò più fare o peggio quello che odio fare lo dovrò fare obbligatoriamente, e nel peggiore dei casi in una girandola di accertamenti che mi risucchieranno in un vortice senza fine, cosa che per uno come me che ama stare parecchio alla larga da medici, medicine ed ospedali, si prospetta come un vero incubo.

 ...

E’ chiaro che le aziende produttrici dei recipienti per il campionamento delle urine hanno dovuto operare una scelta dolorosa: o agevolare i pazienti, o agevolare i laboratori. 
Ed hanno scelto questi ultimi.
Per questo  producono e commercializzano le provette.
In genere la notte prima degli esami, sul tardi, io appoggio la provetta sul coperchio del water per non rischiare di scordarmi. Poi il resto della nottata è un incubo. Sono digiuno dalla mezzanotte, mi addormento tardissimo e alle tre, quando avverto i primi stimoli, inizio un estenuante dormiveglia. Ogni quarto d’ora sbircio la sveglia e più sbircio la sveglia più cresce lo stimolo, e ogni quarto d’ora la vescica si gonfia sensibilmente, come una clessidra ad acqua.
Questo solitamente non mi capita mai, ma quella mattina lì, si. Ho la sensazione di non aver mai avuto uno stimolo così potente, mi rivolto nel letto, guardo la sveglia, stringo i denti e dico oddio non ce la farò mai…
Alle cinque ho l’impressione di riprendere il controllo, ma evidentemente sono i sudori freddi che contribuiscono a drenare i liquidi.
Alle cinque e mezzo la resa: mi precipito in bagno, apro la confezione della provetta, e freneticamente – perché non l’ho fatto prima?- leggo le istruzioni: c’è da compilare l’etichetta. E alle cinque e mezzo di mattina avverto tutta l’inadeguatezza di un miope assonnato che cerca una biro a tentoni, e che deve scrivere i propri dati su un’etichetta piccolissima, di carta lucida e incollata su di una superficie curva. Dieci minuti buoni, a gambe strette e sudando freddo.
E poi comincia il difficile.
Forse chi produce le provette non si è mai posto il problema di chi le deve riempire. Ora io non conosco il grado di precisione delle donne, ma per noi uomini, anche se apparentemente agevolati dal nostro particolare dispositivo di puntamento, il riempire la provetta è un dramma.
Provate a pensare se lo stesso principio fosse applicato ai distributori di carburante, e cioè se la pistola erogatrice non dovesse entrare nel bocchettone del serbatoio ma dovesse vagamente appoggiarsi su un'imboccatura tre volte più stretta...
Il metodo che adopero io è questo: erogazione goccia a goccia con contorcimenti e spasmodiche contrazioni addominali per evitare esondazioni. Tra l'altro è un esercizio che, a farlo con costanza, vi scolpisce degli addominali a tartaruga come quelli di un culturista. Funziona, ma è un supplizio, anche perchè bisogna fare attenzione a non riempirla troppo, la provetta, altrimenti  quando poi chiudi il tappo si dimostra sperimentalmente, ed in maniera nefasta, la legge sulla incomprimibilità dei liquidi.

E arriviamo alla cosa più simpatica, il trasporto e la consegna della provetta all'ambulatorio prelievi.

Quella mattina ti ritrovi nell'atrio dell'ambulatorio, in mezzo ad un gruppo di individui circospetti che si guardano attorno con l'aria da cospiratori, alcuni dei quali avviluppati nel mantello di Fantomas sotto il quale celano l'immondo malloppo che racchiude la provetta, pronti ad estrarla con gesto teatrale.
Occorre dire che in queste situazioni la fantasia umana si sbizzarrisce: dovunque venga riposta la provetta, dalla sportina di plastica della LIDL all'astuccio delle matite del figlioletto e  fino alla pochette di Louis Vuitton, essa viene sempre avvolta e sigillata nelle maniere più bizzarre.
Ho visto provette avvolte nel Domopak, nella carta igienica fermata con lo scotch, nello scottex fissato con gli elastici, nella carta da forno legata con lo spago per arrosti, nella carta stagnola, nella carta dei regali di Natale inguainata da un residuo di calze a rete, in un plaid, in un tappeto persiano, in bende di lino impregnate da essenze resinose, come quelle delle mummie egizie...
E il tutto ulteriormente racchiuso in un sacchetto da freezer sigillato con complicati nodi marinari.
Io signorilmente confido nella tenuta del tappo e quindi rimetto la provetta nella sua scatolina di cartone e la infilo verticale nel taschino della camicia. E' pericoloso, ma quando ci si deve assumere dei rischi, io non mi tiro mai indietro.
E tutto questo per avere sostanzialmente una sola informazione clinicamente utile:
"colore: giallo paglierino".
Se poi dovessero trovarci della sabbia, non dipenderebbe dai reni: è sicuramente quella che inalo settimanalmente sui campi dello Stop and Go.

Per illustrare l'altro momento topico, quello del prelievo di sangue in ambulatorio, mi limiterò semplicemente a mostrarvi alcune scene che riassumono situazioni a cui ho assistito nella mia pluriennale frequentazione degli ambulatori. Chi le avesse già viste, porti pazienza.









Ah, tra parentesi gli esiti sarebbero pronti stamattina.
Ma oggi è il mio compleanno, quindi col cavolo che li vado a ritirare.
Ci penserò lunedì.

martedì 18 gennaio 2011

la ONLUS - 3

Come dicevamo qualche settimana fa, su tutt'altro livello ci sono i veri volontari, spina dorsale della ONLUS "Fai giocare chi è meno fortunato di te".
Eroi silenziosi appartenenti all’universo della solidarietà, della bontà, della carità e del disinteresse, sono coloro che, senza alcun obbligo, prestano la loro attività a favore di tutti, e non solo di mogli, figli o stragnocche.
Gentili e pazienti, invece di dedicarsi alle molteplici attività ludiche o ricreative praticabili sulla spiaggia, quali tacchinare le ragazze, scolare spritz o praticare lo shopping compulsivo al mercato sulla battigia, assistono persone trascurate, consolano casi disperati e hanno sempre un sorriso (talvolta un po' ebete) per tutti.

Sono i veri missionari del beach tennis. 

Qui di seguito vi mostriamo una galleria di galantuomini, santi e benefattori che con il loro luminoso esempio hanno ispirato  e continuano a sorreggere la missione dei volontari della ONLUS.

Coppi e Bartali, personaggi simbolo di come piccoli gesti di aiuto e solidarietà verso gli avversari possano rendere il mondo migliore.


 
Madre Teresa, ovvero il servizio verso i  più deboli, sempre dal basso verso l'alto come nei doppi misti.


Albert Schweitzer, benefattore, medico e missionario, ovvero l’attenzione ed il rispetto per ogni forma di vita, anche se con la racchetta pare schiacciasse le mosche tse-tse che infestavano le regioni subtropicali dell'Africa.


Il Mahatma Gandhi, ovvero il pacifismo e la nonviolenza: mai impallinato nessuno con uno smash.


Papa Roncalli. Celebre il suo discorso che ancora ispira i volontari ONLUS: 
“Tornando a casa, troverete i bambini. Date una racchettata ai vostri bambini e dite: questa è la racchettata del Papa. E l’anno prossimo, mi raccomando, fate i vostri tornei under 12, 14 e 16 in un altro bagno, non più al bagno Spina, altrimenti ve ne arriverà un’altra!”

...

In attesa della prevedibile scomunica, vi anticipo che a breve sarà pubblicata la quarta ed ultima parte di questo tributo alla bontà beachtennistica, che rivela i terribili rischi che l'attività del volontariato comporta.

 - 3. continua -
  

mercoledì 5 gennaio 2011

le migliori befane degli ultimi 150 anni

Alè, massimo risultato con il minimo sforzo, si riciclano allegramente i disegni mentre finiscono le feste, e chi si è visto si è visto!


Ma chi saranno mai le tre figure che si manifestano svolazzando nel cielo stellato? I tre Re Magi direi di no, mi sembrano figure meno pacifiche, un po' più sinistre...
Eppure sono figure familiari, giurerei di averle già viste, forse nella realtà, forse in un sogno, o magari in un incubo... 
Ci porteranno qualcosa di buono? Se è vero quello che penso, direi proprio di no. 
Specialmente la terza, quella mingherlina con i capelli neri, che ha lo sguardo di chi minaccia di riempirti di carbone come la caldaia di una locomotiva. 
Forse perchè siamo stati cattivi, le abbiamo snobbate, non le abbiamo fatte giocare abbastanza, e adesso ce ne fanno pagare le conseguenze. 
Ma niente paura, è universalmente risaputo che, mentre i dolci fanno male, il carbone è benefico, se lo bruci scalda e se lo mangi sgonfia. 
Per cui possiamo stare tranquilli. E se sulla mia racchetta c'è scritto "carbon", un buon motivo ci deve pur essere...